Collaborativo, pentito, prova vergogna per quelle mazzette ricevute. Tanto da aver fatto donazioni in favore della Caritas della diocesi di Bari Bitonto e da essere disposto al volontariato. Mario Lerario, ex dirigente della Protezione civile regionale, lo ha dimostrato con i fatti, e la Corte d’appello di Bari ne ha preso atto, riducendogli la condanna per l’episodio di corruzione che lo vede protagonista con l’imprenditore foggiano Luca Ciro Giovanni Leccese, il 23 dicembre 2021.
Le motivazioni
In 22 pagine di provvedimento appena depositato, i giudici della terza sezione penale della Corte d’appello di Bari (presidente Rossella Calia Di Pinto) hanno spiegato perché l’11 giugno scorso hanno disposto la riduzione della condanna a 4 anni e 4 mesi di reclusione (da 5 anni e 4 mesi) per Mario Lerario, e a 3 anni (da 4) per Luca Leccese. Durante il processo di secondo grado, i difensori di Lerario (l’avvocato Michele Laforgia) e di Leccese (Nicola Zingrillo e Gianluca Ursitti) avevano rinunciato a quasi tutti i motivi di appello, lasciando in piedi la richiesta di attenuanti generiche e della rideterminazione della pena, proprio in virtù del nuovo stile di vita degli imputati.
Il pentimento
“Deve darsi atto che al di là dell’assenza di qualsivoglia dubbio in merito alla dazione delle somme di denaro, che risulta documentata e che è stata ammessa da entrambi gli imputati – scrivono i giudici – i difensori hanno rinunciato a una serie di complesse eccezioni procedurali, oltre che a profili di merito e di riqualificazione del fatto, e così facendo hanno consentito una ben più agevole e tempestiva definizione del giudizio”.
E poi: “Non può non prendersi atto del contegno ulteriormente collaborativo degli imputati, i quali si sono fatti carico di eseguire dei bonifici in denaro in favore di associazioni onlus, hanno criticamente rivisto la loro precedente condotta di vita, dichiarandosi pentiti e vergognandosi per quanto posto in essere, e disponibili a svolgere attività di volontariato, come documentato”.
Per i giudici di appello, in definitiva, “trattasi di comportamento virtuoso che va apprezzato e gratificato attraverso la rimodulazione del trattamento sanzionatorio”.