Ambra aveva avuto tante fasi nella sua vita, nel disperato tentativo di trovare un’identità sessuale: quel giovane che non si era mai riconosciuto in un corpo di uomo, come raccontava sua madre, che era riuscito a crearsi una rete sociale prima di perdersi ancora, tra cocaina e disperazione.
Ambra era dolce, «una persona buona e perbene», la descrivono in tanti. Aveva fatto la transizione, aveva i capelli lunghi e le protesi mammarie, ma poi aveva fatto un passo indietro e le aveva tolte, dichiarandosi gay. «Ho appreso da amici comuni che Ambra si era tolto le protesi al seno ed era tornata a essere gay – racconta una sua amica alla polizia – Qualcuna la ridicolizzava dicendo che aveva le protesi nell’armadio, infatti la chiamavano “ex Ambra”».
Poi, ancora, due anni dopo, «durante l’estate stavo lavorando a Gallipoli, e ricordo che ricevetti la visita di alcuni amici gay che portarono con loro Salvatore Dentamaro, in versione maschile. Dopo qualche tempo appresi che Salvatore aveva ricominciato a travestirsi ma era ancora una persona pulita». E quel seno finto aveva deciso di indossarlo ancora, di uscire con gli abiti femminili, i trucchi e profilattici nella borsetta. La zona di “lavoro” era lo stadio San Nicola, «appresi che Ambra aveva fatto alcuni interventi di chirurgia plastica al viso e che frequentava altre trans e travestiti che si prostituivano allo stadio».
Ma anche lì si era rovinata, tra cocaina e prezzi stracciati per pagarsi la roba. Le altre non lo avevano tollerato, qualcuna l’aveva picchiata, tutte le avevano detto di andare via e di non rovinare loro la piazza. «Ambra era stata cacciata da tempo dallo stadio. Ultimamente era molto sola – racconta ancora Alessia – si era isolata da tutte, nessuno aveva più notizie di lei». Non era prudente negli incontri, «accettava qualsiasi tipo di cliente, anche stranieri, e aveva rapporti poco protetti. Faceva entrare i clienti nella propria auto, era pericoloso. Non era selettiva, forse faceva così perché era repressa».
Salvatore-Ambra era una persona perbene, lo dice la sua mamma, lo dicono le sue amiche. Lo evidenzia il gip: «L’aver attinto alle spalle la vittima, persona mite e descritta addirittura come ‘dolce’ e ‘ingenua’ da chi la conosceva bene – scrive Mattiace riferendosi alla violenza di Brandonisio – al punto da aver accettato senza colpo ferire di allontanarsi dalla zona stadio, per isolarsi in zona San Giorgio, attesta una preoccupante inclinazione a delinquere, un concreto e attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie».