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“Ambiente svenduto”, l’Ilva torna sul banco degli imputati: Vendola di nuovo in aula a Taranto

Arriva, puntuale come uno spartiacque, a dividere strade e rimescolare carte. La prima udienza di appello del maxiprocesso “Ambiente svenduto”, nel quale è imputato anche l’ex Governatore e attuale presidente di Sinistra Italia, Nichi Vendola, è stata fissata per il 19 aprile. La citazione è stata notificata ieri a tutte le parti coinvolte, 47 imputati…

Arriva, puntuale come uno spartiacque, a dividere strade e rimescolare carte. La prima udienza di appello del maxiprocesso “Ambiente svenduto”, nel quale è imputato anche l’ex Governatore e attuale presidente di Sinistra Italia, Nichi Vendola, è stata fissata per il 19 aprile.

La citazione è stata notificata ieri a tutte le parti coinvolte, 47 imputati (44 persone fisiche e 3 società) e centinaia di parti civili.

Il primo grado del processo sui danni causati dall’Ilva di Taranto, cominciato nel 2016, si è concluso a maggio 2021 con condanne fino a 22 anni di reclusione. Secondo la Corte d’Assise del tribunale jonico, l’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico aveva causato un pesante disastro ambientale.

Le condanne più alte erano state erogate a Fabio Riva, 22 anni, e a Nicola Riva, 20, ex proprietari e amministratori dell’Ilva. I due, padre e figlio, rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.

Tra i responsabili, secondo i giudici di Assise, c’è anche l’ex presidente della Regione Puglia. Nichi Vendola. condannato a tre anni e mezzo di reclusione per concussione aggravata in concorso.

L’ex governatore, ritengono gli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché “ammorbidisse” le relazioni relative alle ispezioni ambientali nello stabilimento siderurgico. Per questo reato, è stato condannato anche Assennato, a due anni, per favoreggiamento.

«Mi ribello a una giustizia che calpesta la verità – aveva commentato subito dopo Vendola – Una sentenza che colpisce chi non ha mai preso un soldo dai Riva, che ha scoperchiato la fabbrica, che ha imposto leggi contro i veleni», aveva aggiunto, preparando il ricorso di appello con il suo avvocato Vincenzo Muscatiello.

E la spada di Damocle arriva puntuale a destabilizzare la strada politica di Vendola, che dopo aver rifiutato l’ipotesi di una sua candidatura a sindaco della città di Bari, non più di due settimane fa è stato nominato presidente di Sinistra Italiana, rimettendo per la prima volta piede nell’agone politico dopo la sentenza. Ma, aveva messo bene in chiaro, ben consapevole di un processo irrisolto, non si candiderà alle Europee.

Si torna allora in aula a stretto giro, per un processo che, proprio come il primo, si tirerà dietro mesi per arrivare a un giudizio e, inevitabilmente, rallenterà la corsa di Vendola a qualunque obiettivo politico si sia nel frattempo prefissato.

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