«Non ci credo ancora, ho chiesto: “ma è sicuro?”. Non ci credevo dopo tutto quello che ho passato». Anna (ndr, nome di fantasia) è stata assolta dall’accusa di aver maltrattato il suo bambino di 10 anni, mentre lottava per riaverlo con sé. Tradita, derubata e denunciata dal suo ex compagno, diventato poi il convivente della sua giovane figlia, negli anni le hanno tolto tutto: i mezzi di sostentamento, e questo sarebbe il meno, ma soprattutto hanno sottratto la famiglia e l’onore. In una vicenda dal sapore kafkiano, la donna è comparsa dinanzi a un giudice per difendersi. Assistita dall’avvocata Uljana Gazidede, ha fatto salti mortali per ristabilire la verità e riprendere in mano la sua vita, scivolata via in cinque anni. Ne aveva solo 8 sua figlia Gabriella (ndr, non è il suo vero nome) quando lei accolse in casa l’uomo, immaginando che potesse farle da padre. Dopo 18 anni, però, li scoprì a letto insieme, nel garage dell’abitazione dove tutti vivevano. Iniziò allora il calvario costellato di ben 14 denunce, da lei presentate ai carabinieri del comune di residenza, nel Barese, e che non hanno mai avuto esito. Diversa evoluzione ha avuto, invece, l’unica denuncia presentata dall’uomo e da Gabriella, diventata la sua nuova compagna. «Dopo che mi hanno convinta a intestare a lei e all’altro mio figlio i miei beni, l’abitazione e i terreni di mia proprietà, mi hanno cacciata – ha raccontato al giudice – Mi hanno tolto il mio bambino, lui non me lo fa incontrare e lo terrorizza». Si intrecciano sullo sfondo della vicenda processuale interessi economici ed esposti, testimonianze e sopralluoghi dei servizi sociali che non possono fare altro che accertare le buone condizioni e la pulizia della nuova casa di Anna.
«A lui non interessava che avessi commesso un reato nei confronti di suo figlio – commenta amara – lui voleva i soldi, ha chiesto 10 mila euro, non la condanna per aver maltrattato il figlio, o l’allontanamento della mamma. Adesso mi aspetto di tutto da lui». E annuncia con orgoglio: «Ho chiesto di riaprire il caso al tribunale per i minorenni, voglio l’affidamento esclusivo di mio figlio, che ha il terrore del padre, non vuole venire a giocare al parco, perché lui glielo ha proibito, dice che si fa male. Ma è solo un bambino, deve giocare, se cade si rialza».
Gli incontri periodici rispettati con cura: «Io lo vedo tre volte la settimana, dall’uscita dalla scuola fino alle 17 e quando finirà la scuola dalle 12, più una domenica al mese». Ma non basta: «Mio figlio chiede di dormire con la mamma, vuole stare un paio d’ore in più, lui non lo permette».
Oggi lei vive con le poche centinaia di euro messe a disposizione dal reddito di cittadinanza, «all’aiuto di amici e di mia sorella, purtroppo a una 48enne non danno lavoro», ma a suo figlio non rinuncia. E lotta per riaverlo. «Ho combattuto, la mia vittoria l’ho avuta, sono denunciata ingiustamente e oggi sono felicissima, anche se vivo sempre con la paura perché mi aspetto di tutto. Ma non mi fermerò – assicura – voglio i miei diritti e voglio mio figlio, continuerò ad avanti per lui».