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«A Bari c’è una certa borghesia in contatto con la criminalità. I loro capitali nocivi per l’economia»

Sulla città di Bari scossa da episodi di violenza criminale che negli ultimi giorni hanno risvegliato nei cittadini la paura di non essere al sicuro, «non bisogna dare nulla per scontato e non abbassare mai la guardia». Ne è convinto Roberto Rossi, procuratore della Repubblica di Bari, e capo della Direzione Distrettuale Antimafia che ha…

Sulla città di Bari scossa da episodi di violenza criminale che negli ultimi giorni hanno risvegliato nei cittadini la paura di non essere al sicuro, «non bisogna dare nulla per scontato e non abbassare mai la guardia». Ne è convinto Roberto Rossi, procuratore della Repubblica di Bari, e capo della Direzione Distrettuale Antimafia che ha competenza anche su Foggia e Bat per i reati di mafia. Con lui, tra bilanci e impegni futuri, abbiamo parlato di infiltrazioni criminali nell’economia, di corruzione, violenze sulle donne, ma anche di quanto sarebbe importante per la magistratura inquirente poter avere a disposizione maggiori forze su cui contare.

Partiamo da Bari. La mappa della geografie criminali è sempre fluida, anche se fino a qualche giorno fa sembrano apparentemente immobili. Dal suo osservatorio, che cosa sta accadendo e quali trasformazioni sono in atto?
«Si ci, sono sempre dei movimenti, la criminalità organizzata a Bari non è completamente scomparsa, E’ molto indebolita, anche perché abbiamo agito sulla liberazione di tanti territori. Ma non si può abbassare la guardia, perché se ad esempio la società civile cede e riannoda i legami con la criminalità organizzata, si consente ad una pianta infestante di riappropriarsi degli spazi che ora gli sono inibiti. E’ una lotta continua concentrata sui fenomeni di contiguità che si creano tra il tessuto sociale, quello economico e quello criminale».
Passiamo ad una questione di grande attualità: l’economia con gli investimenti programmati con i fondi del Pnrr. Si parla ripetutamente di un “fiume di denaro” in arrivo. Cosa si fa per tenere la situazione sotto controllo?
«Cominciamo con una precisazione. C’è una competenza della Procura Europea sui finanziamenti europei (Procura per la quale lavorano magistrati italiani). Noi però collaboriamo con un monitoraggio continuo dei progetti finanziati dal Pnrr, e il sistema di allarme su cui ci concentriamo non è tanto verso chi vince la gara, perché lì c’è già una verifica preliminare, ma su chi lavora in subappalto (per esempio nelle società che fanno gli scavi o che procurano materiali tipo il calcestruzzo, o ancora che si occupano di guardiania). Posso dire che è stata messa a punto una rete di controllo abbastanza stretta, perché i rischi ovviamente ci sono».

Sulla Pubblica Amministrazione la Procura da lei diretta mantiene la massima attenzione. E’ per un atto dovuto, oppure ci sono dei segnali che non consentono un diverso approccio?
«Stiamo parlando di un’attenzione antica della Procura di Bari che è attenta a verificare una serie di reati che non vanno a colpire i singoli soggetti, ma gli interessi comuni. Nello specifico quello che ci preoccupa è il settore della Sanità, dove purtroppo abbiamo verificato che esistono fenomeni radicati di corruzione come la classica “mazzetta”. Poi c’è problema più serio che è quello delle gare di appalto sulle quali non si può abbassare la guardia. Purtroppo l’eliminazione di alcune regole sulle gare del recente codice dei contratti pubblici, non favoriscono un controllo stretto in questa materia».

Invece per le elezioni comunali del 2024, su quali criticità siete pronti ad intervenire?
Il pericolo vero è quello del mercato dei voti. Il voto, come si sa, è espressione della democrazia, quindi comprare o vendere dei voti oltre che essere un reato è un fattore pericoloso perché lede i processi democratici. Su questo tema c’è sempre stata una grande tensione, e devo dire che le normative non favoriscono un controllo più stretto, perché ad esempio lo stesso voto di scambio mafioso è abbastanza complesso da provare. Però noi abbiamo già numerose indagini che sono state avviate anche se purtroppo arriviamo sempre dopo che il voto è stato scambiato. In ogni caso servirebbe un atto di maturità della politica».

Foggia invece ha finalmente una sindaca. Che cosa manca al capoluogo dauno per aspirare a quel cambiamento di legalità di cui naturalmente si è parlato nel programma elettorale?
«Bisogna dire che su Foggia e provincia per molti anni c’è stata una grave disattenzione dello Stato, delle forze dell’ordine e della stessa magistratura. Basti pensare al quadruplice omicidio in cui rimasero coinvolte delle persone assolutamente innocenti. Solo dopo il grande lavoro del mio predecessore Giuseppe Volpe, è cambiato l’approccio nei confronti della criminalità organizzata foggiana. La risposta dello Stato è stata finalmente molto precisa e determinata, e lo è ancora con risultati investigativi eccezionali. Il tassello debole che in quel territorio ha complicato molte dinamiche, è la società civile. Certo Libera e le associazioni antiracket hanno inciso tantissimo, ma non è stato sufficiente. Se manca all’appello l’impegno del tessuto sociale, il lavoro investigativo crea difficoltà alla criminalità organizzata ma non riesce ad estirparla. Quanto all’elezione della sindaca, credo sia un segnale positivo per la città, ma occorre che cambino le strutture burocratiche e soprattutto la mentalità culturale».

Recentemente ha parlato di “inquinamento della borghesia” cittadina e di un lavoro importante che sta conducendo la Procura, ci spiega meglio?
«Vi è stato, e in parte vi è ancora, una predisposizione da parte di alcuni imprenditori e professionisti a fare accordi con una parte della criminalità organizzata. Noi abbiamo qualche evidenza su questo, alcune cose sono state già scoperte altre in fase di verifica. Bisogna fare una grandissima attenzione perché ovviamente se i denari e i capitali criminali entrano nel circuito legale, provocano un inquinamento profondo. Ci sono poi fenomeni che sono contigui però altrettanto importanti: l’evasione fiscale, la fatturazione falsa, il mancato pagamento delle detrazioni fiscali da parte degli imprenditori. Fenomeni che sono contro legge ma che poi rischiano di incrociarsi facilmente con la criminalità organizzata».

Ed ancora. Parliamo dei ripetuti casi di corruzione di cui vi siete occupati in questo anno, anche e soprattutto in politica. La preoccupano? Qual è lo scenario del 2024?
«Il fenomeno esiste ed è abbastanza rilevante in particolare nel mondo della Sanità come dicevo, ma anche nei Comuni. Numerosi sono stati i procedimenti penali che si sono sviluppati. Il rischio è sempre quello di andare per pendolo. Nel senso che negli anni di tangentopoli non si faceva altro che parlare di corruzione, ora questo è un tema che sembra scomparso. Bisogna invece mantenere l’equilibrio e capire che i fenomeni criminali vanno sempre tenuti sotto controllo».

Donne e violenze. Cos’è che non funziona nel contrastare quella che è una emergenza sociale?
«La grande attenzione su una emergenza sociale che è quella delle violenze sulle donne e nell’ultimo periodo sui femminicidi, ha portato ad un aumento delle denunce e alla conferma di un dato: il fenomeno era silenzioso e la donna non denunciava le violenze subite in contesti personali. Oggi invece c’è più coraggio e questo è sicuramente positivo perché lo Stato sta rispondendo in maniera efficiente. Però io voglio aggiungere a questo ragionamento un altro elemento, andando forse controcorrente. Sono rimasto colpito dalla recente indagine che è stata fatta sugli abusi nei confronti delle donne compiuti in ambito medico, e l’ho ricollegata ad alcune evidenze investigative su cui ha lavorato e sta lavorando la nostra Procura. Azioni di una gravità inaudita che si praticano in ambito professionale attraverso violenze psicologiche, molestie, abusi sessuali. Il primario, il ginecologo, il professore universitario, un giornalista, un magistrato, agiscono con veri e propri ricatti morali, lesivi della dignità della donna e non si denuncia.
Nel nostro piccolo in Procura qualcosa l’abbiamo fatto accendendo alcuni fari sull’Università, sul mondo professionale medico e sulla magistratura, però sono dinamiche problematiche perché le donne non parlano, hanno paura. Negli ambiti professionali c’è un muro, perché prevale il ricatto morale sulla carriera della donna o sul lavoro».

Lei ha detto che il Ministero farebbe meglio ad occuparsi di edilizia giudiziaria piuttosto che di riforme. Ci spiega meglio cosa intendeva dire?
«Io ho stimato molto quello che ha fatto il Ministero per Bari dipanando un nodo importante per la città che era quello dell’edilizia giudiziaria. Però non credo nelle continue riforme fatte per ragioni ideologiche, e non per risolvere i problemi. Voglio essere pratico: alla giustizia servono mezzi, organizzazione, fiducia nella magistratura. Meno polemiche e riforme contro, più obiettivi consoni ad un Paese civile».

Quanto serve allora armonizzare l’azione e la prassi degli uffici giudiziari?
«Una migliore qualità dell’informatizzazione, e personale adeguato e qualificato o da qualificare attraverso una formazione seria. Se già si facessero queste due cose si arriverebbe ad obiettivi rapidi su molte cose. E poi, ripeto, l’elemento della fiducia è fondamentale, perché un magistrato sfiduciato lavora male, invece deve avere fiducia rispetto a quello che fa».

Infine, uno spunto per sapere qual è la sua posizione sul tema della cosiddetta “legge bavaglio”. In una intervista rilasciata al “Il Fatto quotidiano“, il capo della Procura di Potenza Francesco Curcio, a proposito della norma approvata alla Camera che delega il governo a vietare la pubblicazione anche per estratto delle ordinanze di custodia cautelare fino alla fine delle indagini preliminari, ha parlato di norma “tecnicamente incomprensibile” in quanto è palese che “una sintesi è sempre meno precisa del testo dell’atto”. Ed inoltre ha dichiarato che, non essendo secretate, “continuerò a rilasciare ordinanze ai cronisti”.

Lei cosa farà?
«Io sono convinto che si ragionerà e non si arriverà all’approvazione finale, ma qualora si dovesse giungere alla definitiva approvazione di tale legge, la rispetterei ma solleverei la questione di fronte alla Corte di Giustizia Europea a tutela di tutti i principi della trasparenza e della democrazia che sono imposti dalla stessa normativa europea».

Le parole chiave a cui affiderebbe il senso di questa nostra chiacchierata?
«Fiducia, organizzazione e tutela dei diritti ai cittadini ai quali non vengono riconosciuti».

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