Rischiava (o forse rischia ancora) di trasformarsi in una vera e propria guerra all’ultimo sangue, quella tra gli affiliati a “Totò Balla” Buccarella e Raffaele Martena, i boss ormai contrapposti della Sacra corona unita di Tuturano. E al sangue si fa riferimento esplicito, nelle intercettazioni in corso da già due anni e negli atti processuali che affondano le radici nel decennio scorso: i “vecchi” erano pronti a “scannare” i nuovi che non volevano riconoscere a Salvatore Buccarella il ruolo di preminenza sul territorio.
Nasce da questo timore il fermo che lunedì mattina ha raggiunto proprio il boss 66enne e Umberto Attanasi, 59 anni, il figlio Pasquale, 37, e Vincenzo Schiavone, 47. L’accusa per tutti è di associazione mafiosa; i due Attanasi devono rispondere anche di un tentativo di estorsione.
Il risentimento che cova
Alla base dell’indagine c’è la contrapposizione tra due anime dello stesso clan: da un lato la “vecchia guardia”, reduce da anni di carcere e tornata in semilibertà, dall’altro i più giovani che reclamano un ruolo da protagonisti – oltretutto già da diversi anni. Un conflitto latente, alimentato da accuse reciproche: non aver rispettato le “regole interne”, non aver sostenuto i detenuti, addirittura l’arroganza di autoproclamarsi nuovo referente del sodalizio, come in occasione dell’incendio al Domus Caffè, ordinato presumibilmente da Martena per affermare il controllo sul paese.
Il culmine sarebbe stato un faccia a faccia tra Buccarella e chi, secondo i fedelissimi, voleva spodestarlo. L’incontro, avvenuto il 19 agosto scorso, non ha portato chiarimenti: al contrario, ha spinto la Dda a intervenire per scongiurare il rischio di un’escalation cruenta.
Il ritorno delle estorsioni
Le intercettazioni e i pedinamenti condotti dalla squadra mobile di Brindisi e dalla Sisco di Lecce hanno documentato, dall’ottobre 2024, durante il primo permesso premio di Buccarella, summit e riunioni per riorganizzare le fila e riprendere le estorsioni. Non è la prima volta: già in precedenza un tentativo di “pizzo” era stato bloccato in tempo, grazie alla denuncia della vittima. Anche in quest’ultima indagine, emerge la volontà del clan di riaffermare il proprio potere economico e sociale.
La spaccatura
A innescare l’indagine, però, era stata una discrepanza. Nell’ottobre 2023 un uomo si presentò spontaneamente in questura: non voleva diventare collaboratore di giustizia, ma temeva per la propria vita. Raccontò della spaccatura tra due fazioni e consegnò una pistola a salve che avrebbe dovuto modificare per difendersi. Un dettaglio colpì gli investigatori: parlando di “chi comanda”, non fece il nome di Buccarella, ma quello di Raffaele Martena.
I prossimi passi
Ora i quattro fermati sono in carcere e la parola passa oggi al gip, che deve decidere sulla convalida del fermo e sulle eventuali misure cautelari. Intanto, Tuturano si ritrova nuovamente sotto i riflettori: una frazione piccola, segnata da decenni di presenza mafiosa, in cui i vecchi e i giovani continuano a contendersi l’eredità criminale della Scu.