Chiunque conosca quel tratto di costa pugliese sa che lì, dove la terra si apre in due piccole insenature gemelle e la torre aragonese svetta come un faro, il mare ha una voce antica. È un luogo apparentemente tranquillo, eppure custodisce millenni di storia sommersa sotto la sabbia e tra gli scogli. Per secoli, naviganti, mercanti e pescatori hanno trovato in questa baia un rifugio sicuro, un approdo naturale lungo le rotte adriatiche che collegavano Oriente e Occidente.
Oggi, grazie al lavoro appassionato di Rita Auriemma e del suo team di archeologi subacquei, quell’approdo è tornato a parlarci, rivelando i suoi segreti. Il volume Torre S. Sabina. L’approdo ritrovato (Edipuglia 2025) curato da Auriemma, Antonazzo e De Mitri, pubblicato nella collana «Leggi La Puglia» del Consiglio regionale pugliese, è il primo tassello di un progetto che unisce scienza, tecnologia e passione umana per svelare un luogo poco esplorato del Mediterraneo: la baia di Torre Santa Sabina, nel territorio di Carovigno.
Negli strati del tempo
Il libro è frutto di anni di ricerche, scavi e rilevamenti condotti con una metodologia moderna, precisa e rispettosa dell’ambiente marino. Si tratta di un’opera che coniuga il rigore dell’archeologia scientifica con la forza narrativa della memoria, raccontando come un piccolo tratto di mare possa racchiudere la storia di un intero Mediterraneo. I curatori ci accompagnano in un viaggio che parte dalla superficie e scende nei fondali.
Ogni capitolo è una discesa negli strati del tempo: dalle tracce preistoriche dell’età del bronzo, ai resti romani e medievali, fino ai relitti moderni come la celebre «Galea Magna», una nave veneziana naufragata nel 1598 e divenuta un caso di studio internazionale. Ogni manufatto, ogni frammento di anfora, ogni pezzo di legno corroso dalla salsedine racconta non solo di un naufragio, ma dell’incontro di civiltà, frammenti di vita restituiti alla luce.
Tecnologia e archeologia
Ciò che rende interessante quest’opera è la tecnologia. L’archeologia subacquea, un tempo costituita solo da osservazione diretta e disegni a mano libera, oggi utilizza strumenti che permettono di vedere e misurare l’invisibile. Nel libro, i curatori raccontano con chiarezza e passione come la ricerca moderna si basi sul dialogo continuo tra scienza, tecnologia e sensibilità umana. Attraverso l’utilizzo di scanner laser 3D, rilievi fotogrammetrici subacquei, sonar multifascio, droni aerei e modelli tridimensionali, è stato possibile mappare l’intera baia e i suoi fondali con precisione millimetrica.
Ogni immersione è stata anche una «scansione» del tempo: le rocce, i fondali sabbiosi, le strutture murarie e i resti lignei sono stati acquisiti digitalmente e poi ricomposti in laboratorio, dando vita alla ricostruzione virtuale dell’antico approdo. È la prima volta che Torre Santa Sabina viene restituita in modo così completo: non solo come luogo fisico, ma come paesaggio culturale, come organismo vivente che unisce natura, storia e tecnologia.
Il porto che rinasce in digitale
Il volume ci guida attraverso tavole, immagini e modelli tridimensionali che mostrano l’antico porto e le strutture sommerse, con un dettaglio mai raggiunto prima. La fotogrammetria digitale ha permesso di riprodurre in 3D ogni elemento del sito: dai blocchi di pietra alle anfore adagiate sui fondali, dai resti lignei della nave ai frammenti ceramici ancora incastonati nella sabbia.
Il rilievo laser scanner, invece, ha reso possibile connettere il paesaggio terrestre e quello subacqueo, creando un continuum visivo tra la torre costiera, la costa e il mare. Il risultato è una mappa integrata che unisce storia e geografia, archeologia e topografia, scienza e narrazione. Torre Santa Sabina emerge così come «luogo-memoria», un archivio naturale che conserva testimonianze di scambi, commerci, naufragi e rinascite. I curatori descrivono il sito come «un libro di pietra e acqua, scritto con la pazienza del tempo e la leggerezza del sale».
Scienza, comunità e tutela
Quest’immagine contiene la forza evocativa del progetto: un’opera che restituisce alla comunità un passato sepolto, ma ancora capace di parlare. Il valore del libro non è solo scientifico, ma anche civile e culturale. Rita Auriemma è riuscita a coniugare competenza accademica con il desiderio di rendere la ricerca accessibile a tutti. Le ricostruzioni 3D e i modelli digitali non sono utili solo agli studiosi, ma diventano strumenti di divulgazione e valorizzazione del patrimonio. Grazie a queste tecnologie, oggi è possibile immergersi virtualmente nei fondali di Torre Santa Sabina, esplorare il relitto della «Galea Magna» o camminare idealmente sull’antico molo, come in un viaggio nel tempo. Ampio spazio è dedicato anche alla dimensione ambientale della ricerca.
Gli scavi e i rilevamenti sono stati condotti nel pieno rispetto dell’ecosistema marino, in collaborazione con biologi, geologi e tecnici marini. Questo approccio interdisciplinare è uno dei punti di forza del volume: la consapevolezza che la tutela del patrimonio culturale e quella del patrimonio naturale sono due facce della stessa responsabilità.
Storie riemerse dal silenzio blu
Durante le indagini sono emerse testimonianze che coprono un arco cronologico vastissimo: frammenti di ceramiche micenee e protostoriche, anfore greco-italiche e romane, resti di carichi commerciali, materiali da costruzione, oggetti di vita quotidiana. Tutti questi reperti raccontano una storia di continuità: Torre Santa Sabina è stata approdo, mercato, rifugio, confine. È stata il punto d’incontro tra marinai, commercianti e pescatori, un microcosmo del Mediterraneo antico.
Particolarmente evocativa è la parte dedicata al relitto della Galea Magna, la grande nave veneziana affondata al largo della baia nel XVI secolo. Le tavole e i modelli digitali illustrano con chiarezza la complessità dell’imbarcazione, i materiali di costruzione, le dinamiche del naufragio. Il lettore legga queste pagine come un’immersione: scendiamo nel silenzio azzurro del tempo, e risaliamo portando con noi la consapevolezza che la conoscenza, come il mare, è infinita.