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San Vito dei Normanni, la storia di Lucia che non si è arresa al cancro: «Ho riscritto il mio finale»

«Avevo tre anni e mezzo quando ho incontrato per la prima volta l’Istituto Ortopedico Rizzoli. Non sapevo che quel posto sarebbe diventato la casa in cui avrei imparato a lottare per la vita».

Comincia così il racconto di Lucia Valente, 21 anni, originaria di San Vito dei Normanni, che ha deciso di rompere il silenzio e condividere la sua storia con un unico obiettivo: trasformare la malattia in testimonianza di speranza.

La battaglia col cancro

La sua vita, segnata da un osteosarcoma al perone diagnosticato quando era ancora una bambina, è stata per anni un alternarsi di dolore, rinunce e forza. Diciassette cicli di chemioterapia, un intervento delicatissimo e il rischio concreto di amputazione: una battaglia che Lucia ha vinto, ma non senza conseguenze. La paralisi del nervo sciatico e un piede permanentemente cadente l’hanno costretta a convivere con un tutore, la cosiddetta «molla di Codivilla», che l’ha accompagnata durante tutta l’infanzia e l’adolescenza.

«Non ho mai fatto capricci – racconta – Da piccola accettavo tutto con leggerezza. Ma crescendo ho capito che dentro di me c’era un dolore più profondo, che non si consumava, che continuava a farsi sentire». Quel dolore non era solo fisico: era la nostalgia di una libertà negata, il desiderio di potersi sentire «normale», di indossare un paio di scarpe qualsiasi, di camminare senza paura di inciampare.

La spinta al cambiamento

Negli anni, tra controlli, speranze e nuove diagnosi, Lucia ha imparato a convivere con la sua condizione, fino a quando, nel 2022, ha deciso di non accontentarsi più. Dopo due consulti negativi e la certezza che «non si poteva fare nulla», è tornata dove tutto era cominciato, in quella che Lucia definisce «un po’ la mia casa, il posto che non mi ha mai tradita»: al Rizzoli di Bologna, dove ad accoglierla c’era il professor Cesare Faldini, direttore del reparto di Ortopedia. «Quando l’ho incontrato, non avevo più aspettative – confessa – Poi, per la prima volta dopo tanto tempo, ho sentito una frase diversa: “Io sono ottimista”».

Faldini le propone un intervento innovativo di trasposizione tendinea tibiale, una possibilità per restituire equilibrio e movimento al piede. «In quel momento ho capito che qualcosa dentro di me si era rimesso in moto – scrive Lucia nel suo lungo racconto – Dopo anni di paura, stavo riscoprendo la speranza».

Il sogno e la speranza

Il 28 agosto 2025, nel giorno del suo ventunesimo compleanno, Lucia è tornata in sala operatoria, per la terza volta. Con la consapevolezza di chi ha scelto di rischiare pur di poter sognare ancora. «Ho deciso di crederci, di fidarmi, di scegliere me stessa – dice – Perché la vita non è fatta solo di ciò che si perde, ma anche di ciò che si trova quando si smette di arrendersi».

Oggi Lucia cammina verso un futuro nuovo. La riabilitazione è lunga, ma la luce negli occhi racconta una storia diversa: quella di una ragazza che ha saputo trasformare la cicatrice in forza.

Il ringraziamento

Nel suo messaggio di gratitudine al Rizzoli, al professor Faldini e al dottor Mazzotti, scrive parole che racchiudono tutto il senso di un percorso che è diventato esempio per molti: «Mi avete guarita due volte: quando mi avete mostrato una nuova possibilità e quando l’avete resa realtà. Le mie ferite non sono più solo dolore, ma ciò che mi ha resa intera. Ogni passo che farò, lo dedicherò a voi».

Da San Vito dei Normanni a Bologna, la storia di Lucia è un inno alla resilienza, alla forza della scienza e alla potenza di un incontro umano che può cambiare la vita. Perché, come dice lei stessa, «le scelte cambiano i finali. E io, il mio, l’ho riscritto con fatica, con amore e con speranza. Ne è valsa la pena».

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