Tensione altissima a Mesagne, dove la vicenda della presunta violenza sessuale ai danni di una tredicenne si è intrecciata con un episodio di giustizia fai-da-te.
Il dodicenne indagato insieme a un quindicenne per gli abusi avvenuti la scorsa settimana è stato aggredito e malmenato nel pomeriggio di sabato scorso nella villa comunale, vicino alla fontana.
La ricostruzione
Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava con alcuni amici quando è stato circondato da un gruppo di coetanei, tra cui una ragazza che avrebbe iniziato a provocarlo con frasi offensive e riferimenti al caso giudiziario. Alle sue proteste, uno degli adolescenti lo avrebbe colpito prima con uno schiaffo, poi con un pugno al volto, mentre la scena veniva filmata con un cellulare.
Il minore, accompagnato dai genitori al pronto soccorso dell’ospedale «Perrino» di Brindisi, ha riportato una ferita al labbro e un trauma al braccio. La famiglia, assistita dall’avvocato Manuel Marchionna, ha sporto denuncia ai carabinieri contro gli aggressori.
L’inchiesta principale
Intanto, prosegue l’inchiesta principale. È fissato per il 6 novembre l’incidente probatorio al Tribunale per i Minorenni, durante il quale la presunta vittima sarà ascoltata in modalità protetta, alla presenza di psicologi. Il suo racconto sarà decisivo per stabilire se proseguire le indagini a carico dei due ragazzi. Ai sensi di legge il 12enne non può comunque essere imputato.
L’invito alla cautela
L’avvocato Marchionna invita alla cautela: «Da quando la notizia è uscita sui giornali, si è creato un clima d’odio insostenibile. I miei assistiti e le loro famiglie vivono nella paura, i ragazzi non vanno più a scuola. Serviva maggiore riservatezza: i nomi sono circolati fin troppo presto in città. Si tratta di minori, non di criminali da sbattere in prima pagina».
Il legale sottolinea anche che dalle prime testimonianze raccolte «pare non emergano conferme su urla o richieste d’aiuto», ma sarà il giudice a stabilire la verità dei fatti. «Abbiamo sporto querela per l’aggressione non per vendetta – conclude – ma per dare un segnale: la violenza non si combatte con altra violenza. Questi ragazzi, colpevoli o no, restano figli della nostra comunità e vanno tutelati da ogni forma di odio e spettacolarizzazione».