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Giovani brindisini: sogni e rabbia per una città che chiede lavoro, futuro e dignità

«Che Brindisi sogno? Una Brindisi dove si possa immaginare un futuro». Questo solo uno dei gridi di disperazione, speranza e rabbia, pervenuti alla redazione de L’Edicola, che ha chiesto ai giovani brindisini la loro idea di Brindisi. Le parole chiave Il mantra è sempre lo stesso: lavoro, turismo, istruzione e sanità. Ciò che cambia è…
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«Che Brindisi sogno? Una Brindisi dove si possa immaginare un futuro». Questo solo uno dei gridi di disperazione, speranza e rabbia, pervenuti alla redazione de L’Edicola, che ha chiesto ai giovani brindisini la loro idea di Brindisi.

Le parole chiave

Il mantra è sempre lo stesso: lavoro, turismo, istruzione e sanità. Ciò che cambia è solo il grado di disillusione verso le istituzioni e la possibilità di un reale cambiamento.

«Vorrei una Brindisi più consapevole, una città che non si arrende» ci dice Daria Molfetta, di 17 anni. «Purtroppo – continua – la sfiducia verso le istituzioni e la politica, sia locale che nazionale, ha fatto sì che tanti cittadini si allontanassero e non si interessassero più di queste cose. Eppure, Brindisi ha un potenziale enorme e una storia bellissima, ma non viene valorizzata come meriterebbe.
Alcune città della provincia riescono a farsi notare, a creare vita e movimento. Allora mi chiedo: perché non dovrebbe essere possibile anche a Brindisi? Se fosse amministrata meglio, sarebbe davvero un piacere vivere qui e tanti ragazzi della mia età non sentirebbero il bisogno di andarsene».

L’emigrazione

La cosiddetta “fuga dei cervelli” è centrale anche nelle parole di Francesca, 23enne costretta ad emigrare al nord per poter studiare.

«Come giovane brindisina – dice Francesca – mi piange il cuore a dover essere stata costretta ad andarmene dalla mia terra, posto che amo in quanto centro delle mie radici. Amo la storia che questa città ha da raccontare, ma mi dispiace che ci sia molta poca educazione alla nostra tradizione, e che la mentalità media delle persone sia quella di ignorare tantissimi tesori che abbiamo nella nostra terra».
Basterebbe poco però, secondo lei, per migliorare la vivibilità cittadina. «In primis – dichiara Francesca – si potrebbe costruire un silos per le auto, così da facilitare il parcheggio in centro. La politica locale dovrebbe cercare di fare, in primo luogo, ciò che le è possibile per quanto riguarda l’istruzione dei giovani brindisini: investire nella nostra istruzione significherebbe in vestire nella città del domani».

La crisi industriale

Emanuele Marino, 25 anni, invece, è il più disilluso di tutti. Per lui immaginare un vero e proprio cambiamento è quasi utopistico. «Che Brindisi vorrei? Non lo so più, questa città sembra morire nel silenzio e nell’indifferenza, si viene a creare tutt’attorno un deserto e diviene ormai difficile immaginare un’altra città» dice subito Emanuele, forse più arrabbiato che disilluso.

«L’attuale amministrazione sembra assopita. Ciò che mi preoccupa maggiormente – continua – è la crisi industriale. Ciò che mi dà rabbia è il completo disinteresse dell’intera classe politica».
Poi Emanuele lascia spazio ai sogni. «Sogno una città dove poter passeggiare senza vergognarmi della sporcizia, ma soprattutto sogno una città dove poter immaginare un futuro e invece immagino il mio futuro altrove dove c’è almeno una remota speranza. Spero che, prima o poi, qualcosa cambierà e potremo finalmente vivere in una bella città attenta alle istanze dei cittadini che, in fin dei conti, chiedono solo di poter vivere e lavorare, invece di tirare a campare.

Sogno una città dove i più deboli: giovani, anziani, disabili non vengano lasciati soli; dove ci sia maggiore attenzione nei confronti delle periferie e dell’ambiente. Una città attrattiva, non solo per i turisti, ma per i tanti concittadini ormai fuori, una città che permetta il ritorno e, soprattutto – conclude – una città che ci permetta di restare senza impazzire».

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