La transizione industriale di Brindisi passa anche dalla partita più delicata: l’acqua. E in particolare dal progetto del nuovo dissalatore che Acquedotto Pugliese ha in progetto di realizzare nell’area dell’ex centrale Enel di Cerano. Un intervento strategico per fronteggiare la crescente scarsità idrica, ma che oggi apre più interrogativi che certezze, soprattutto sul fronte ambientale.
La Cgil di Brindisi lo metterà nero su bianco lunedì al ministero delle Imprese, dove si presenterà con una delegazione del coordinamento industria, dopo il punto organizzativo svolto in settimana con il segretario nazionale, Gino Giove. Il sindacato chiederà risposte concrete su piani industriali, investimenti, aree disponibili, ricadute occupazionali e tempistiche reali della riconversione del sito.
Il progetto
Al centro del confronto finirà anche il progetto del dissalatore. Il primo sito individuato da Aqp per l’impianto a servizio dell’area brindisina era ad Apani; poi la scelta è caduta su Cerano per sfruttare parte dell’infrastruttura esistente dell’ex centrale. Ma, sottolinea il segretario generale della Cgil Brindisi, Massimo Di Cesare, «considerando lo stato in cui versano le bonifiche del sito, immaginare un’operazione di questa portata appare oggi molto difficile». Le aree, ricorda, sono inserite nel Sin (Sito di interesse nazionale) e dovranno essere completamente caratterizzate e bonificate prima di qualunque nuovo insediamento.
La Cgil chiederà quindi chiarezza su come il progetto Aqp si concili con le risorse stanziate dal ministero dell’Ambiente per le bonifiche e con gli interventi già programmati, oltre alla questione della «gigafactory» che richiederà acqua ed energia per funzionare. «Serve una valutazione trasparente – afferma Di Cesare – per capire se le due operazioni siano pienamente compatibili. La transizione industriale deve essere coordinata, non sovrapporre iniziative che rischiano di ostacolarsi a vicenda».
Accanto alla questione ambientale resta quella del lavoro. Per il sindacato la riconversione post-carbone non può tradursi in un’emergenza occupazionale: servono ammortizzatori sociali straordinari, percorsi di formazione e una regia pubblica solida, in grado di guidare investimenti credibili e sostenibili.
«Brindisi – conclude Di Cesare – ha tutte le condizioni per aprire una nuova stagione industriale. Ma ora servono serietà, trasparenza e programmazione: i lavoratori hanno bisogno di fatti, non di annunci».










