La Corte costituzionale ha stabilito che «il ripristino dell’originaria gestione pubblica del presidio ospedaliero di Ceglie Messapica, da sempre classificato quale struttura pubblica pur se provvisoriamente affidato a un ente di diritto privato, è totalmente in linea con l’ancora vigente programma operativo per il triennio 2016-1018».
La sentenza della Consulta fa riferimento al ricorso presentato dal Consiglio dei ministri contro la legge della Regione Puglia numero 21 del 2024 che ha istituito il Centro regionale pubblico di riabilitazione ospedaliera di Ceglie Messapica, prevedendo il “transito” nell’organico della Asl di Brindisi del personale in servizio presso la struttura, fino ad allora gestita dalla Fondazione San Raffaele. È stata invece ritenuta fondata dalla Corte «la censura relativa alla violazione dell’articolo 97, quarto comma, della Costituzione, perché l’articolo 4, comma 2, della legge regionale impugnata consente alla Asl di Brindisi di procedere all’assunzione interamente riservata del personale già in servizio alle dipendenze dell’ente di diritto privato e, dunque, senza il necessario concorso pubblico e in assenza delle condizioni per consentire una deroga al suddetto principio».
La Corte costituzionale ha quindi stabilito che le assunzioni previste dalla legge regionale non sono possibili e dovranno essere fatte attraverso un concorso pubblico. In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le censure di violazione degli articoli 97, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione della norma pugliese.
Nel ricorso il governo ha sostenuto che la legge regionale «avrebbe determinato una modifica della pregressa programmazione sanitaria e un significativo aumento delle spese a carico del bilancio pubblico» per Regioni come la Puglia, che «sono assoggettate a un piano di rientro dal deficit sanitario». Secondo la Corte, «non emerge con evidenza alcun aumento della spesa sanitaria regionale direttamente conseguente all’internalizzazione dei servizi di riabilitazione, che rientrano nei Lea e configurano, quindi, una spesa obbligatoria».
Per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e il capo dell’Avvocatura regionale, Rossana Lanza, è stato «smentito l’impianto difensivo della Presidenza del Consiglio che accusava la Regione Puglia di violare il Piano di rientro e di provocare un aumento della spesa sanitaria. La Corte, invece, ha valorizzato proprio il risparmio di spesa che si è verificato a seguito del passaggio della gestione alla sanità pubblica, affermando che le prestazioni fornite dalla struttura rientrano nei livelli essenziali di assistenza (Lea), che vanno assicurati ai cittadini pugliesi».