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Ceglie Messapica, insulti sessisti alla collega: «C’ si brutta». Bufera in Consiglio comunale – VIDEO

«Mamma mia c’ si brutta, mort…cci tua!»: parole “brutte”, di una certa volgarità. Già di base è grave che qualcuno si rivolga a un’altra persona: ma la cosa assume contorni ancor più gravi se pensiamo che sono state pronunciate da un consigliere di maggioranza di Ceglie Messapica, Domenico Lacala, nel corso della massima assise comunale di martedì scorso mentre parlava un’altra consigliera, Giusy Resta.

Lo sconcerto

Il momento è immortalato da un video diventato virale ed è stato condiviso sui social dalla stessa consigliera: «In primo luogo, dal sindaco, dal presidente del consiglio e da tutti i presenti mi sarei aspettata una netta e immediata presa di distanza per l’accaduto – commenta per L’Edicola Giusy Resta – Poi le scuse pubbliche non solo a me, donna e persona, impegnata anche in politica, ma indirizzate a tutti i cittadini e le cittadine ammettendo di essere inadeguati a rivestire il ruolo istituzionale.

Trovo assurdo che nel 2025 frasi sessiste e volgari nei confronti di un individuo possano essere ancora pronunciate. E soprattutto che se ne debba ancora discutere. Tutti dovrebbe prendere posizione e stigmatizzarle. È una battaglia che va condotta senza se e senza ma.

È, ahimè, un problema culturale che lede non solo l’immagine di Ceglie Messapica, ma di tutto il Paese. Il messaggio sotteso è terribile , chiunque ne sia il destinatario, qualunque sia il momento e il luogo».

La richiesta

La consigliera ha quindi chiesto, soprattutto, le dimissioni di Lacala. «Non esistono giustificazioni per simili atteggiamenti -prosegue Resta – soprattutto in un momento storico in cui si dovrebbe promuovere il rispetto reciproco. Non posso accettare alcun tentativo di giustificare l’inaccettabile».

Le giustificazioni

Lacala ha poi diffuso un messaggio in cui cerca di giustificarsi e rifiuta di dare le dimissioni: «In merito ad un video circolato nelle scorse ore – scrive – non ritengo opportune le mie scuse perché non ho mancato di rispetto a nessun membro dell’assise consiliare. Guardandolo con o senza pregiudizio, si nota chiaramente che la sconveniente mia frase non poteva essere rivolta alla consigliera comunale, che, tra l’altro, in quel suo intervento si dichiarava quasi d’accordo con l’Amministrazione comunale. La mia imprecazione era riconducibile ad una conversazione privata e che nulla aveva a che vedere con i lavori del Consiglio». Insomma, accuse e richieste rimandate alla mittente. Le parole di Lacala, però, a molti sono sembrate una toppa peggiore del buco: la gravità dell’utilizzo di un linguaggio volgare e sessista in una sede istituzionale da un rappresentante della cittadinanza a molti non va giù. Anzi: invece di scusarsi a prescindere, Lacala sembra legittimare un modo di esprimersi poco consono, tanto più a un politico.

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