Dal paesaggio archeologico dei fondali della Baia dei Camerini, a Torre Santa Sabina, nel Brindisino, emergono testimonianze sulle rotte della commercializzazione in Salento di olio e vino in età antica, proveniente dall’Egeo e dalle coste dell’Anatolia.
Le recenti ricerche dell’Università del Salento stanno portando alla luce una serie di scoperte su quanto i fondali di questa zona dell’Adriatico custodiscono.
L’approdo di Torre Santa Sabina è un sito archeologico tra i più complessi e stratificati, con enormi potenzialità dal punto di vista delle conoscenze storico-archeologiche. La nave più antica, di età tardoarcaica (fine VI – inizi V sec. a.C.) chiamata “TorreSantaSabina3”, solcava rotte ionico-adriatiche e trasportava anfore e raffinati servizi da tavola. Ed anche questo è emerso nel corso delle attività svolte ormai da qualche mese in questo tratto del litorale brindisino.
Nello strato più profondo della sabbia sono stati trovati in posizione capovolta, a causa del naufragio, crateri, brocche, coppe e tazze per mescere e bere il vino, mentre il carico principale era il contenuto delle anfore, destinate per la maggior parte al trasporto del vino e, in misura minore, dell’olio.
Prodotti che provenivano da vari luoghi della Grecia e dell’Italia meridionale, “beni di lusso” molto richiesti anche dalle popolazioni che vivevano in Puglia durante l’Età arcaica, come i Messapi nel Salento. A questa complessa stratigrafia si può probabilmente aggiungere anche un altro carico proveniente dal Mediterraneo orientale (V-VI sec. d.C.).
Le ricerche che si stanno sviluppando a Torre Santa Sabina saranno oggetto di approfondimento dal 3 al 5 giugno, tra Lecce e Porto Cesareo, nel corso dell’evento finale di UnderwaterMuse – Immersive Underwater Museum experience for a wider inclusion.