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Brindisi, petrolchimico ad alta tensione: «Enel diserta i tavoli con i lavoratori»

A Brindisi si infiamma la vertenza che coinvolge i lavoratori dell’indotto Enel Cerano e del comparto chimico del petrolchimico, tra accuse di mancanza di dialogo e preoccupazioni crescenti per il futuro occupazionale. Due vicende intrecciate da un comune denominatore: la gestione delle transizioni industriali da parte delle grandi aziende e la richiesta di risposte concrete…
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A Brindisi si infiamma la vertenza che coinvolge i lavoratori dell’indotto Enel Cerano e del comparto chimico del petrolchimico, tra accuse di mancanza di dialogo e preoccupazioni crescenti per il futuro occupazionale. Due vicende intrecciate da un comune denominatore: la gestione delle transizioni industriali da parte delle grandi aziende e la richiesta di risposte concrete da parte del Governo.

L’incontro disertato

Il 9 aprile scorso, presso Palazzo di Città, si sarebbe dovuto tenere un incontro tra il comitato dei lavoratori dell’indotto Enel Cerano, il sindaco di Brindisi e un rappresentante dell’azienda elettrica. Tuttavia, quest’ultimo ha rifiutato di partecipare, dichiarando di non voler sedere al tavolo con un comitato “non riconosciuto”. Una decisione che ha suscitato l’indignazione dei lavoratori, che da anni operano all’interno della centrale e che ora temono per il proprio futuro.

«Siamo persone, non numeri», ha dichiarato il Comitato Lavoratori Enel Cerano in una nota durissima. «Per anni abbiamo lavorato con sacrificio nella centrale. Oggi, mentre si decidono i destini industriali senza di noi, non ci resta che rivendicare a gran voce la nostra dignità e pretendere un confronto». Per il comitato, il rifiuto del dialogo rappresenta un gesto di “arroganza istituzionale” e un grave sgarbo nei confronti del sindaco e della città stessa.

Il nodo Versalis

Parallelamente, la tensione cresce anche nel cuore del petrolchimico, dove la FILCTEM CGIL ha convocato un’assemblea con i lavoratori di Eni Versalis e Brindisi Servizi Generali. Al centro della discussione, la recente fermata dell’impianto di cracking e le scelte contenute nel protocollo siglato il 10 marzo al MIMIT, che secondo il sindacato non offre garanzie reali sul mantenimento della chimica di base in Italia.

Il coordinatore regionale Antonio Frattini ha evidenziato che la dismissione del cracking e la successiva fermata degli impianti rischiano di compromettere irrimediabilmente la filiera produttiva e l’indotto occupazionale, in contrasto con le stesse dichiarazioni del Governo che, nel “Libro Verde” e nel “Chemical Critical Act” europeo, identifica la chimica come settore strategico per il futuro del Paese.

L’incontro con Urso

Per la CGIL, lo spegnimento degli impianti — a partire dal P30B e ora il cracking — rappresenta un grave errore che potrebbe pregiudicare le prospettive industriali di Brindisi e dell’intero Mezzogiorno.

Il sindacato ha deciso di non sottoscrivere il protocollo, presentando una serie di osservazioni formali al Ministero e alle Regioni coinvolte. Il 31 marzo è stato anche proclamato uno sciopero generale dell’indotto, con la richiesta — accolta — di un incontro con il Ministro Adolfo Urso, previsto per il 14 aprile.

La città di Brindisi, da sempre legata a doppio filo al suo tessuto industriale, pretende ora di essere ascoltata. E, come dicono i lavoratori di Cerano, «chi oggi ci ignora, domani ci troverà davanti ai cancelli».

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