Turismo, mancano lavoratori stagionali: «I giovani preferiscono il Rdc». La replica: «Noi pagati tre euro l’ora e a nero»

«Quest’anno la vedo difficile. Rispetto alla scorsa estate la situazione è peggiorata: siamo a giugno e abbiamo ancora difficoltà a trovare personale per la nostra struttura». Così esordisce il titolare di uno stabilimento balneare della provincia Bat, preoccupato per non aver ancora raggiunto il numero adeguato di personale (tra baristi, camerieri e bagnini) per affrontare al meglio la stagione estiva già inaugurata.

Sono diversi infatti i paesi della provincia, ricchi di strutture ricettive, alberghi, stabilimenti balneari e locali, che basano il loro punto di forza sul turismo estivo, che ogni anno registra dati positivi, accogliendo migliaia turisti italiani e stranieri. «Ormai i giovani preferiscono stare a casa e contare sul Reddito di cittadinanza, senza alcuna voglia di fare esperienze lavorative, che potrebbero essere anche utili per la loro crescita personale», afferma un operatore turistico.

Se da una parte, ci sono i titolari delle strutture ricettive che incolpano il Rdc per la situazione angosciosa, dall’altra ci sono i giovani, restii a lavorare tante ore al giorno per ricevere stipendi minimi con orari di lavoro improponibili; alle volte questi giovani, per lo più studenti neo maggiorenni o universitari in cerca di lavoro stagionale, vengono assunti “a nero” o con contratti che non rispecchiano la realtà: un modo che molti datori utilizzano per tutelarsi da eventuali sanzioni. Molti giovani, dopo aver provato sulla propria pelle il sacrificio del lavoro stagionale con paghe bassissime (e alle volte anche a nero) non sono più disposti a subire tale trattamento. «Ho lavorato come barista la scorsa estate: 3 euro l’ora per 12/13 ore al giorno e a volte facevo anche il doppio turno. Il mio stipendio non era mai fisso per ogni mese estivo ma variava in base alla presenza dei turisti; solo ad agosto, il mese più ricco di bagnanti, ho percepito uno stipendio più alto», racconta un giovane studente universitario.

Dal canto loro gli operatori del settore turistico incolpano di questo la pandemia e le chiusure che ne sono derivate, che hanno notevolmente gravato sul guadagno, ed i rincari dell’ultimo anno. Sono queste le motivazioni principali che costringono i datori di lavoro a non poter pagare adeguatamente i dipendenti che si sentono sempre più demotivati e poco stimolati ad accettare i lavori stagionali. È chiaro però che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio: esistono molte realtà che garantiscono ai giovani un lavoro ben retribuito, con stipendi consoni agli orari e al carico di lavoro. Insomma, la speranza è che tutti i datori di lavoro si impegnino a garantire i giusti diritti ai lavoratori stagionali, mentre dall’altra parte è necessario incentivare i giovani a scegliere sempre il lavoro, lo studio e l’impegno (nelle giuste condizioni) ai sussidi offerti dallo Stato.

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