Sette persone in carcere, due agli arresti domiciliari, una sottoposta a obbligo di dimora e altre tre raggiunte da misure interdittive. Sono 13, in tutto, le persone indagate nell’ambito dell’operazione “Black out” condotta dagli agenti della polizia e dai finanzieri nella provincia di Barletta-Andria-Trani.
Gli indagati avrebbero gestito per diverso tempo un traffico illecito di rame e ferro. Rispondono di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e alla ricettazione.
Nel mirino del gruppo sono finiti impianti fotovoltaici, ponti radio, reti ferroviarie e stradali di tutta la sesta provincia pugliese.
Per chi indaga, il gruppo era «specializzato nel furto di ingenti quantitativi di rame e altro materiale ferroso che veniva successivamente riciclato da aziende del settore operanti principalmente a Trani».
Ognuno degli indagati, quattro stranieri e nove italiani, secondo quanto accertato dall’indagine coordinata dalla Procura di Trani, avrebbe avuto un ruolo preciso: c’era chi si occupava di furti di rame e ferro e chi di ricettarlo e riciclarlo ad aziende del settore.
«I furti creavano notevoli disagi»
I furti «hanno creato danni di notevole rilievo, come l’aver lasciato senza rete telefonica e Internet intere zone, oppure aver portato via i binari della ferrovia con disagi ai viaggiatori». Lo ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il capo della squadra mobile della questura di Andria, Gianluca Gentiluomo.
Tra gli indagati ci sono anche tre imprenditori responsabili di altrettante imprese con sede a Trani, di cui due ditte individuali e una srl, che sono stati raggiunti da interdittive della durata di un anno che impedirà loro di «esercitare attività di impresa e contrattare con la Pubblica amministrazione», ha sottolineato il capitano della guardia di finanza, Cosimo Carafa, che ha condotto le indagini assieme alla polizia.
Il giro d’affari del gruppo è da quantificare ma i furti hanno riguardato soprattutto rame che ha un «prezzo che oscilla tra i 7 e i 10 euro al chilo», ha continuato il capitano. Gli accertamenti investigativi, coordinati dalla Procura di Trani, sono iniziati quasi un anno fa dopo un furto.
«Il rame veniva spesso sottratto da infrastrutture pubbliche come reti ferroviarie, autostradali, ponti radio e impianti fotovoltaici. E si capisce bene quali disagi abbiano provocato alla collettività», ha evidenziato il capo della squadra Mobile.
Gli investigatori hanno appurato che la refurtiva era «ceduta alle tre imprese coinvolte nell’inchiesta che provvedevano a reintrodurla nel circuito dell’economia legale attraverso operazioni di ripulitura possibili anche bruciando le guaine che rivestivano il materiale ferroso, in piena violazione del testo unico per l’ambiente», hanno riferito poliziotti e finanzieri. Alle due ditte individuali e alla srl sono stati sequestrati «gli insediamenti produttivi, i beni aziendali, le quote sociali, i mezzi e i macchinari che consentivo l’attività di impresa», ha proseguito Carafa chiarendo che «è stata alterata la libera concorrenza e da qui è arrivata la contestazione della violazione del decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato».
Gentiluomo ha sottolineato, infine, che «le tre realtà produttive indagate erano capaci di bonificare il materiale ferroso rubato anche attraverso la creazione di una documentazione fittizia che rendesse il materiale lecito per la rivendita al dettaglio a punti vendita ignari di acquistare merce rubata».