Nel cuore pulsante dell’emergenza, dove ogni secondo può fare la differenza tra la vita e la morte, ci sono uomini e donne che agiscono con coraggio, umanità e dedizione. Particolarmente commovente, mentre ancora il dolore nella comunità biscegliese è vivissimo, la lettera che una soccorritrice del 118, accorsa sul luogo in cui venerdì scorso hanno perso la vita Rosa Mastrototaro, la figlia Margherita Di Liddo e il piccolo che la ragazza portava in grembo da sette mesi, ha diffuso sui social.
«Venerdì sera – scrive l’operatrice sanitaria – ho scattato questa foto un secondo prima di scendere dall’ambulanza. Un momento sospeso, quello in cui il cuore accelera i suoi battiti e la mente si prepara. Era da poco arrivata la chiamata: incidente frontale, tra Andria e Bisceglie, più feriti coinvolti, Codice Rosso».
Le sensazioni
Continua il racconto, in cui sono messe in rilievo le emozioni di tutti i soccorritori davanti a chiamate per fatti gravissimi, per dare voce a ciò che spesso resta nascosto dietro una divisa: emozioni, fragilità e il peso delle esperienze vissute sul campo. «Non ci si abitua mai. Il tragitto dalla postazione al luogo dell’incidente è un tempo strano, di tensione, quasi irreale. Si viaggia con le sirene spiegate, ma dentro ognuno di noi, il silenzio è assordante».
Su quella strada, però, non era rimasto molto da fare per strappare le vittime alla morte: «E poi i nostri occhi incrociano la realtà: lamiere contorte, corpi feriti, vite appese a un filo. Abbiamo fatto tutto ciò che era umanamente possibile. Quattro ambulanze, quattro équipe del 118 con la stessa speranza: strappare alla morte ognuno dei coinvolti. Ma la vita, a volte, è più crudele di quanto si possa accettare. Sono morte due persone. Una famiglia intera. Una donna, sua figlia incinta al settimo mese… e anche quel bambino, provato a far nascere in extremis, ma che purtroppo non ce l’ha fatta. Immagini che si imprimono dentro noi operatori del 118, come diapositive che si ripetono quando ritorni in postazione o quando il turno finisce, quando torni a casa, quando chiudi gli occhi».
La lucidità e la freddezza
Agli operatori del 118 non sono concessi sbagli, sono “costretti” a mantenere il sangue freddo, la lucidità. «Ma non siamo fatti di acciaio. Dopo, quando le sirene si spengono, cala il silenzio e ci restano addosso cicatrici che non si vedono. Restano gli sguardi dei colleghi, quegli occhi che, come i tuoi, hanno visto troppo. E allora ci basta uno sguardo, una pacca sulla spalla, una parola sussurrata, un messaggino, per farci forza. Perché sì, a volte scende una lacrima anche a noi. Siamo umani».
Ancora, la sofferenza e la speranza continuano a vivere nel cuore dei sanitari: «Quando viviamo tragedie così grandi, restiamo con l’ansia nel cuore. Anche dopo il trasporto in pronto soccorso, anche dopo aver consegnato nelle mani dei medici, le vite che abbiamo provato a salvare, continuiamo ad aggiornarci, sperando in notizie positive. Perché in fondo, sappiamo che ci porteremo dentro ogni volto, ogni battito, ogni respiro, ogni sguardo di quei pazienti».
Il ringraziamento
Un messaggio anche di gratitudine e verità che dà voce a chi, ogni giorno, salva vite mettendo da parte se stesso.
«Questa lettera è per dire “grazie” ai miei colleghi del 118, a chi ogni giorno scende da un’ambulanza con il cuore in mano. È per dire che dietro ogni divisa c’è una persona che sente, che soffre, che a volte si sente impotente. C’è una persona che trattiene le lacrime davanti agli altri, ma che dentro si porta ogni volto, ogni grido, ogni addio».
Davanti al dolore che segna profondamente una comunità, le parole diventano testimonianza e impegno. In questo messaggio, si esprime un sentito cordoglio alle famiglie colpite da una nuova tragedia stradale, accompagnato da un appello affinché il ricordo non si dissolva, ma si trasformi in azione concreta. Perché la memoria delle vite spezzate diventi forza per cambiare, per prevenire, per salvare. «Con profondo rispetto, rivolgo le più sincere condoglianze alle famiglie coinvolte in questa tragedia. Che questa ennesima tragedia stradale non venga dimenticata, ma serva da monito per proteggere, per prevenire, per intervenire su quel tratto di strada, già segnato da troppo dolore. Perché nessun’altra famiglia debba piangere i propri cari».