Il Partito democratico di Andria è seduto su una polveriera. La miccia è stata innescata da una richiesta formale di provvedimenti disciplinari inviata alla segreteria regionale e al collegio di disciplina: l’accusa è «mancanza di lealtà politica». Nel mirino ci sono esponenti di spicco, tra cui il capogruppo in Consiglio comunale, Gianluca Sanguedolce, oltre a Mirko Malcangi ed Emanuele Sgarra. La colpa? Aver sostenuto candidati di altre liste (come Ruggero Passero o Marianna Sinisi) alle scorse Regionali, ignorando il diktat del senatore Boccia sul fatto che «il partito non è un taxi» e agendo a discapito del candidato ufficiale (il segretario regionale, Domenico DeSantis) scelto per sedare le faide interne.
La richiesta di sanzioni, invocata sulla scia delle altre già inflitte al consigliere regionale, Filippo Caracciolo, (espulso) e alla consigliera Daniela Maiorano (divieto di tesseramento per 5 anni), apre però scenari inquietanti per la tenuta della maggioranza Bruno. Se la «pulizia» venisse attuata, la geografia del Consiglio comunale verrebbe stravolta.
Con l’uscita forzata dei tre consiglieri, unita ai possibili addii di figure come Addario (verso l’imprenditoria) o Di Lorenzo (possibile ritorno in Avs), e con il presidente del Consiglio comunale, Giovanni Vurchio, (terzo nella lista Dem alle Regionali) già sul piede di guerra, il gruppo si ridurrebbe ai minimi termini e i numeri potrebbero divenire troppo esigui per garantire una rielezione della sindaca Bruno, anche se si considerasse una riappacificazione con gli esponenti del M5S, al momento improbabile.
L’ipotesi di un lento travaso di «quarantenni» dalle liste civiche nel Pd appare una toppa debole rispetto alla voragine che si creerebbe. Il vero rischio è la reazione a catena politica. Cosa accadrebbe se gli epurati, magari sotto l’ala protettiva e le risorse di Caracciolo, organizzassero una fronda strutturata? Lo scenario da incubo per i Dem ufficiali potrebbe essere una candidatura indipendente di Daniela Maiorano. Forte dei numeri delle Regionali, potrebbe diventare l’ago della bilancia, perfino in uno scenario a dir poco problematico: al ballottaggio contro la destra. Il Pd si troverebbe nel paradosso politico finale: trattare proprio con chi ha cacciato.