Il calo demografico è una costante da anni, almeno dagli anni ’60 del secolo scorso, quando terminò la crescita delle natalità in Italia, dovuta al benessere del dopoguerra. Dai baby boomer ai millennials, i giovani sono sempre meno e di conseguenza calano le iscrizioni nelle università del Bel Paese.
L’osservatorio Talents Venture, società fondata da giovani a Milano che si occupa di monitorare tutte le questioni che riguardano il mondo dell’istruzione, ha realizzato uno studio in cui analizza gli atenei più a rischio a fronte della “desertificazione” delle culle, fotografata nel recente saggio “La trappola delle culle”, edito da Rubbettino, scritto dai giornalisti Luca Cifoni e Diodato Pirone.
«Nel Mezzogiorno la popolazione tra 18 e 21 anni è in riduzione da tempo, e la diminuzione proseguirà nei prossimi anni fino a toccare le 414mila unità del 2040 (era di 703mila nel 2010). Per regioni come la Puglia e la Basilicata è prevista una riduzione della popolazione giovanile nel 2040, rispetto al 2023, del 32 e del 33 per cento, a differenza dei territori del Centro–nord che fino al 2030 vedranno un incremento». È l’amara analisi del centro studi milanese.
Questo declino, sostengono sempre gli autori della ricerca, produrrà «direttamente una riduzione di domanda formativa per gli atenei». E tra questi, affermano gli analisti, «le università che potrebbero essere più esposte al calo delle immatricolazioni sono, tra le altre sempre del sud, quelle di Foggia e della Basilicata».
Talents Venture ipotizza anche eventuali risposte alla crisi annunciata che i vertici accademici potrebbero mettere in campo per frenare lo spopolamento di aule e laboratori: «da un lato potrebbero esserci azioni territoriali volte a favorire le iscrizioni», come un aumento dell’offerta formativa, «e dall’altro ci si potrebbe dirigere verso l’aumento degli studenti stranieri».
Certo è, dicono sempre gli autori della proiezione statistica, «è necessario un coordinamento nazionale per fronteggiare il calo delle immatricolazioni, anche perché le minori nascite comportano anche uno spopolamento dei grandi atenei del centro–nord, meta di emigrazione studentesca, e lo si potrebbe fare, ad esempio, con un’allocazione efficiente dei fondi del Pnrr a partire da quelli destinati allo student housing e contemporaneamente è necessario mettere in campo iniziative specifiche a livello di singoli atenei e territori volte all’analisi dei trend demografici in atto presso i propri “bacini” di riferimento e al rafforzamento della sostenibilità della propria offerta formativa», così da evitare che quelle università territoriali fortemente volute dagli anni ’80 del novecento per dare a tutti la possibilità di studio e ricerca non debbano chiudere.