Correre una maratona rappresenta di per sé un’impresa straordinaria che richiede un’intensa preparazione, allenamenti, forza fisica e mentale, dedizione, sacrifici, disciplina, sveglie all’alba e molta pazienza. È un’impresa che spinge ad andare oltre i propri limiti, porta a conoscere se stessi, a una profonda soddisfazione e può essere una metafora per la costanza e la resilienza nella vita. Riuscire a tagliare il traguardo dei 42 chilometri e 197 metri di una maratona a solo cinque mesi di un delicato intervento di artoprotesi a entrambe le gambe, però, è un vero e proprio miracolo sportivo e medico.
L’artoprotesi all’anca è un intervento chirurgico che sostituisce l’articolazione danneggiata con una protesi artificiale, composta da componenti in metallo, ceramica e polietilene, per ripristinare la funzione e alleviare il dolore causato da condizioni come l’artrosi. Un intervento che un tempo era considerato invalidante.
Il personaggio
Protagonista di questa impresa il cinquantunenne Massimiliano Arcieri, maratoneta giramondo che domenica mattina, poco prima dell’alba italiana, ha chiuso in 4 ore e 40 minuti la maratona di Sidney in Australia, a distanza di soli 177 giorni dall’intervento chirurgico in una clinica di Bari. Arcieri, lucano di nascita ma barese d’adozione, ha ripreso a correre dopo circa due mesi e mezzo, costruendo giorno dopo giorno il suo sogno. Quello che lo ha portato dall’altra parte del mondo, nella capitale del Nuovo Galles del Sud. Per lui è stata la 41esima maratona, sicuramente la più bella, la più emozionante e la più sofferta, complice anche un percorso molto tecnico e impegnativo, che ha messo a dura prova i maratoneti. Lui ci ha creduto fino alla fine, alternando alla corsa le uscite in bici, incastrando gli allenamenti tra lavoro e famiglia, viaggi e impegni vari.
Una grande emozione
«Di tutte le sfide sportive in cui mi sono cimentato nella mia vita – ha commentato Arcieri -, questa è stata sicuramente la più complicata e impegnativa. Al trentunesimo chilometro ho avuto diversi problemi e ho dovuto rallentare, ma ho portato comunque a termine la maratona». «Se penso che neanche cinque mesi fa non sapevo quando e se avrei ripreso a correre – prosegue – mi sembra già un sogno avere partecipato e completato un’altra maratona, letteralmente un mezzo miracolo. Un grazie dal profondo del cuore alla mia famiglia, a chi mi ha preparato, a chi mi ha curato, a chi mi ha sostenuto e dato fiducia e anche ai miei compagni di viaggio». Ad accompagnarlo in questa lunga trasferta australiana anche i suoi due figli: «Viaggiare coi propri figli significa tante cose, insegna loro ad osservare, ad essere curiosi, a chiedersi il perché delle cose, che le diversità non sono mai un problema, ma anzi una opportunità di arricchimento e che i confini sono spesso solo mentali e che certi luoghi non possono essere spiegati, ma vanno vissuti».
Correre per gli altri
Massimiliano Arcieri è un personaggio molto amato nel mondo del running. Oltre ad aver completato l’Abbott world marathon majors, il circuito con le sei maratone più prestigiose al mondo: Tokyo, Boston, Londra, Berlino, Chicago e New York City (cui da quest’anno si è aggiunta proprio Sidney), svolge da anni il ruolo di pacer: un corridore esperto che ha il compito di mantenere un ritmo costante e guidare altri atleti durante una gara di lunga distanza (in particolare la maratona o la mezza maratona) per aiutarli a raggiungere un tempo prestabilito. I pacer si riconoscono da palloncini colorati o dalle vele con il tempo assegnato, agiscono come punti di riferimento e motivatori, offrono supporto e strategia, non solo guidando il gruppo ma anche dispensando consigli utili per completare la gara nel modo migliore.