Già la Puglia – pur avendo la quarta quota di finanziamenti tra le regioni – era stata penalizzata sulla quota degli investimenti procapite in riferimento ai fondi del Pnrr. Infatti, secondo un calcolo della Corte dei Conti, alla Puglia spettava una quota di 1.488 euro per abitante, contro una media nazionale di 1.605 euro. Una decurtazione di circa il 10 per cento. Un dato che stride ancora di più se paragonato a quello della confinante Basilicata, dove ogni cittadino potrà contare su una quota procapite di 1.959 euro per abitante, cioè quasi il 20 per cento in più della media nazionale. E adesso arriva la notizia dello scippo dei fondi Pnrr da parte del ministro Salvini. Tanto che Michele Boccardi, coordinatore regionale e il capogruppo regionale, Giuseppe Tupputi, del movimento “Con” si chiedono «Questo governo sa dove ci sta conducendo? La presenza di autorevoli esponenti pugliesi nell’Esecutivo, invece di rassicurare comunità e imprese, si rende complice di una ferita cercata e voluta. Non vorremmo assistere, come nel 2009, al “dispetto” della ritardata apertura del teatro Petruzzelli ormai pronto per ragioni elettorali».
Insomma il Mezzogiorno trattato come bacino di voti con programmazioni che di fatto accelerano le distanze tra le zone del Paese, venendo meno ai principi del Piano di ripresa e resilienza. Praticamente – è la voce che si alza da più parti – Salvini ha di fatto messo in atto una autonomia differenziata sui fondi del Pnrr, relegando ancora una volta il Sud a vittima sacrificale di interessi produttivi di altre zone d’Italia, cancellando di fatto le promesse dell’ex ministra Mara Carfagna che aveva promesso «I fondi del Pnrr destinati al Sud resteranno al Sud. Chi dice il contrario nega l’evidenza».
Purtroppo, il ping pong della disponibilità dei fondi rischia di aggravare la situazione delle opere incompiute in Puglia e Basilicata. Secondo la elaborazione di Centro Studi Enti Locali, nelle due regioni sarebbero ben 38 le opere incompiute (con la Puglia che conquista il terzo gradino del podio nell’anagrafe nazionale) – che in alcuni casi non sono neanche iniziate – segno che lo scippo salviniano andrebbe ad aggravare una situazione già di per sé deficitaria. Tra i più significativi casi ci sarebbe i lavori – eseguiti quasi al 40 per cento – del Consorzio di bonifica montana del Gargano, relativi alla sistemazione idraulica del Torrente Scarafone, a protezione dell’area irrigua di San Nicandro Garganico, mentre a Taranto segnano il passo i lavori di riqualificazione del Palazzo degli Uffici (previsto un investimento di 36 milioni di euro), come a Bari per i lavori da 17 milioni di euro del programma di rigenerazione urbana per l’area compresa tra via don Cesare Franco, Lungomare IX Maggio, via de Fano e strada San Girolamo. Insomma, alcuni esempi di sempre pubbliche avviate e non ancora terminate che ora potrebbero rischiare ulteriori rallentamenti se non uno stop – ma da Roma lo definirebbero “rimodulazione” -governativo.