Opere di antiquariato e reperti archeologici, sono più di 8mila i beni culturali restituiti allo Stato. Venticinque le persone arrestate e un centinaio denunciate per ricettazione, esportazione illecita di beni culturali, violazioni in materia di ricerche archeologiche, contraffazione di opere d’arte, violazioni ai danni del paesaggio e del codice a tutela dei beni culturali. Questi alcuni numeri che descrivono le attività che i carabinieri del nucleo a tutela del patrimonio culturale (Tpc) hanno svolto l’anno scorso in Puglia e Basilicata.
Nel corso del 2023 sono state eseguita 60 perquisizioni domiciliari e locali che hanno consentito il recupero di beni che se fossero finiti sul mercato nero, avrebbero fruttato guadagni per 4 milioni di euro. Gli accertamenti dei militari si sono concentrati anche sulla vendita on line di oggetti di arte. Come quelli che 21 persone denunciate dai carabinieri avrebbero smerciato tramite e commerce: si tratta di beni risalenti tra il III e il V secolo avanti Cristo.
Le inchieste
La prima, denominata Canusium, coordinata dalla procura di Trani, che ha permesso di scoprire un traffico internazionale di beni archeologici e che ha portato alla esecuzione di 21 misure cautelari a carico di altrettante persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata allo scavo clandestino, furto, ricettazione ed esportazione illecita di reperti archeologici e numismatici.
La seconda ha interessato l’isola di San Nicola nell’arcipelago delle Tremiti, nel Foggiano, a tutela di aree ed edifici d’interesse storico e architettonico che ha portato alla segnalazione di 18 persone responsabili della violazione delle norme a tutela del patrimonio culturale e delle aree naturali protette, di occupazione di aree demaniali marittime in assenza di autorizzazioni.