Lavoro, Confindustria lancia l’allarme: «Manca il personale. Servono più stranieri»

Il disequilibrio tra domanda e offerta nel mondo del lavoro «potrebbe ampliarsi di 1,3 milioni unità nel 2028». Un fenomeno che potrebbe accentuarsi più al Sud che al Nord. Prima della pandemia c’erano difficoltà di reperimento per il 26% delle assunzioni previste (1,2 milioni), mentre nel 2023 la quota ha superato il 45% (quasi 2,5 milioni). Tra quattro anni, quindi, il numero potrebbe salire al 3,8 milioni.

Il rapporto

Le previsioni sono contenute nel rapporto del Centro studi di Confindustria. «Fattori quali la scarsa mobilità interna, la fuga di cervelli, la carenza di lavoratori extra-Ue tendono ad accrescere il problema», spiegano gli Industriali. Sulla base delle proiezioni demografiche Istat, il saldo naturale della popolazione residente in Italia è previsto ridursi di 1,5 milioni tra l’inizio di quest’anno e il 2028. Nonostante il saldo migratorio positivo con l’estero atteso pari a 1,2 milioni, la popolazione in età lavorativa sarà di 850 mila unità inferiore. A parità di tasso di occupazione, l’offerta di lavoro tra 5 anni si ridurrà di 520 mila unità. Una modesta crescita economica (del 4,9% cumulato nel 2024-2028) implicherebbe un fabbisogno di occupazione aggiuntiva di circa 815 mila unità. A livello territoriale, sarebbe più contenuto al Nord, comunque sotto la media nazionale al Centro, mentre si accentuerebbe nel Mezzogiorno. Difficile pensare di compensarlo con il solo aumento del tasso di occupazione, che dovrebbe salire di 3,7 punti percentuali.

I lavoratori stranieri

Pur volendo considerare la crescita dell’occupazione di due punti (obiettivo più verosimile sull’arco di un quinquennio), mancherebbero ancora 610 mila unità che dovrebbero essere reperite con un ampliamento degli ingressi di lavoratori stranieri di circa 120 mila unità in più all’anno, se si vuole evitare che la disponibilità di lavoratori limiti la crescita dell’attività economica.

L’occupazione

La buona performance dell’occupazione in uscita dalla pandemia ha permesso un rientro del tasso di disoccupazione, dal picco del 10,2% raggiunto ad aprile 2021 al 6,2% nell’agosto 2024, sui livelli dell’estate del 2007, appena prima della crisi finanziaria. Lo sottolinea il Centro Studi, prevedendo che il 2024 si chiuderà con il tasso di occupazione 6,5%, mentre il prossimo anno ci sarà un ulteriore calo al 6%, con «un’occupazione ancora in aumento e a una forza lavoro in solo lieve espansione (+0,3%, dopo il +0,5% del 2024, con +0,6% acquisto ad agosto)».

Il Pil

Il Centro studi di Confindustria stima il Pil 2024 in crescita dello 0,8%, un decimo di punto percentuale in meno rispetto alle previsioni di aprile. È al ribasso anche l’attesa per il 2025, di poco superiore al +0,9%: due decimi di punto in meno. «Rallenta la crescita in Italia», si spiega, e pesa l’effetto che le revisioni Istat sul Pil 2023 hanno sull’eredità statistica per il 2024. Per la finanza pubblica il deficit è visto in riduzione al 3,9% del Pil nel 2024 e al 3,1% nel 2025; «il debito resta troppo elevato», è stimato in aumento al 136,9% nel 2024 e al 138,5% il prossimo anno.

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