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Autonomia differenziata, c’è l’ok delle Regioni. Emiliano dice no: «Inaccettabile»

A nulla sono valse le proteste di sindacati e associazioni, il netto rifiuto di quattro governatori e le preoccupazioni messe nero su bianco dai sindaci: la Conferenza delle Regioni ha dato l’ok al ddl Calderoli, la norma che dovrebbe dare attuazione all’articolo 116 della Costituzione e riconoscere competenze più ampie proprio alle Regioni. La svolta…

A nulla sono valse le proteste di sindacati e associazioni, il netto rifiuto di quattro governatori e le preoccupazioni messe nero su bianco dai sindaci: la Conferenza delle Regioni ha dato l’ok al ddl Calderoli, la norma che dovrebbe dare attuazione all’articolo 116 della Costituzione e riconoscere competenze più ampie proprio alle Regioni.

La svolta ha diviso, ancora una volta, i governatori tra favorevoli, come il veneto Luca Zaia e il lombardo Attilio Fontana, e contrari, a cominciare dal pugliese Michele Emiliano che ha espresso parere contrario tanto da chiedere il ritiro del ddl Calderoli. «Un ulteriore passo avanti positivo nel percorso della riforma – ha commentato il ministro Roberto Calderoli – Contiamo ora di presentare il testo al prossimo Consiglio dei ministri, per la definitiva approvazione. Dopo aver già accolto le richieste delle Regioni nel precedente ottalogo, anche le proposte emendative di Anci e Upi sono state ricevute e verranno portate in pre-Consiglio per una valutazione del loro inserimento nel ddl definitivo. Ulteriori proposte potranno essere presentate come emendamenti in Parlamento». Emiliano e altri tre governatori, però, sono pronti alle barricate: «Si rischia di avere a breve un Paese nel quale un’impresa, una famiglia, un cittadino, muovendosi sul territorio nazionale, ha come interlocutore, per materie importantissime, a volte lo Stato e a volte le Regioni, sia dal punto di vista legislativo che amministrativo. Si rischia di stritolare i Comuni sotto il peso di Regioni che diventeranno onnipotenti. E questo non corrisponde al disegno del legislatore costituzionale e neanche a un criterio di buona amministrazione. È inaccettabile».

Fa muro pure l’Anci che per la prima volta ha preso posizione sull’autonomia differenziata. L’associazione dei Comuni ha messo nero su bianco, in un documento ufficiale, una serie di timori che riguardano l’individuazione e il finanziamento dei livelli essenziali di prestazione (Lep), la devoluzione alle Regioni di funzioni non solo legislative ma anche amministrative e gestionali, il meccanismo di solidarietà e perequazione. «L’Anci è riuscita a trovare un momento di sintesi presentando un documento che evidenzia eccezioni di metodo e nel merito – hanno fatto sapere i sindaci – Il documento ribadisce che l’architettura costituzionale della Repubblica si fonda su Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni in modo equi-ordinato, e che l’articolo 116 della Carta va letto e attuato in piena sintonia con gli altri articoli del Titolo V, in un contesto di tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica e di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni».

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