Dopo il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, con tanto di suono della tradizionale campanella, il governo entra nel pieno della proprie funzioni. Ieri è stato anche il giorno del primo Consiglio dei ministri e degli appelli all’unità. Quello che Giorgia Meloni sta cercando in tutti i modi di trasmettere, soprattutto al di fuori dei confini nazionali, è l’immagine di un esecutivo sul solco di quello uscente su alcuni temi significativi. Dalla Nato («è più di una alleanza militare» ha affermato rivolgendosi a Jens Stoltenberg, segretario dell’Alleanza atlantica) all’energia, confermando la collaborazione a titolo gratuito con il ministro uscente alla Transazione Ecologica, Roberto Cingolani («ha lavorato bene», ha sottolineato la presidente). Molti dei temi caldi su cui questo governo è chiamato a intervenire riguardano la Puglia.
L’ex Ilva e l’assenza di una direzione
Uno è il siderurgico di Taranto. Sul futuro della più importante fabbrica d’acciaio del Paese, l’unica rimasta a ciclo integrale a caldo, il centrodestra non ha ancora espresso una posizione unitaria. C’è la volontà di tornare a far crescere la produzione ma né Fratelli d’Italia, né Lega, né Forza Italia ha espresso un parere definitivo, ad esempio, sul progetto di decarbonizzazione. Lo Stato è chiamato ad aumentare la propria presenza nella società che gestisce la fabbrica, Acciaierie d’Italia, con un aumento di capitale che porterebbe in mani pubbliche più del 50% delle quote. Una mossa che aprirebbe le porte al completamento del piano ambientale ma che richiede una netta volontà politica che, ad oggi, il centrodestra non ha ancora espresso. Nel frattempo restano i ritardi da parte di AdI di adempiere al pagamento dei fornitori, con le ditte dell’appalto in grande difficoltà.
Il Tap e il capitolo energia
Nel 2023 Il Trans Atlantic Pipeline, che arriva sulle coste pugliesi per portare gas in Europa, incrementerà la propria capacità di trasporto fino a 12 miliardi di metri cubi (2,5 in più rispetto a quest’anno). Con alcuni ragguagli tecnici, però, il gasdotto potrebbe arrivare presto a 20 miliardi di metri cubi annui. Un’ipotesi che potrebbe vedere nel nuovo governo un “facilitatore”, a maggior ragione che avverrebbe senza interventi tecnici “invasivi” ma solo con la regolazione del flusso. Se su questo il centrodestra potrebbe allargare le maglie, meno chiaro è cosa si intenda fare sul piano delle energie rinnovabili. La Puglia è la prima regione in Italia per produzione green, insieme alla Lombardia. Un risultato che è motivo d’orgoglio per una terra baciata dal sole ma che ha anche pagato il costo di una maggiore occupazione dei territori agricoli, sottratti alla produzione e destinati a pannelli e pale. Un fenomeno questo che ha riguardato soprattutto i primi anni 2000 le cui cicatrici, però, sono ancora ben visibili. Non è chiaro se il nuovo esecutivo darà nuovamente impulso all’insediamento degli impianti, se ci sarà il via libera definitivo all’agrivoltaico (quello che permette la compatibilità tra pannelli solari e coltivazioni) o se frenerà l’espansione sui terreni favorendo quelle sui palazzi. Un tema centrale che “sfocerà”, come conseguenza diretta, in quello degli incentivi. Spesso, dall’opposizione, Fratelli d’Italia ha “bacchettato” il governo Draghi, e ancora di più i precedenti, per aver usato “sostegni a pioggia”. Ora Giorgia Meloni dovrà decidere, una volta per tutte, se dirottare nuovamente risorse sulle rinnovabili o se incentivare, ad esempio, lo sviluppo del nucleare di terza generazione. Una ipotesi quest’ultima verso la quale non ha negato interesse anche lo stesso Roberto Cingolani.
Automotive: la crisi (definitiva?) dietro l’angolo
La Puglia e la Basilicata attendono indicazioni chiare anche sul futuro di un settore strategico per l’economia italiana: quello dell’automobile. Ancora di più rispetto alle rinnovabili è qui che la partita degli incentivi definirà la direzione economica del governo. L’avanzata dell’elettrico nelle vendite mostra una direzione molto chiara del mercato su cui Fca, a Melfi, ha da tempo posto l’attenzione. C’è tutto il settore di supporto alla motorizzazione termica, sviluppato soprattutto a Bari (ad esempio alla Bosch), che necessita di una riconversione produttiva non semplice e che potrebbe lasciare sul campo non pochi posti di lavoro (un’auto elettrica richiede un terzo della componentistica di una disel o benzina). Se e come il governo userà lo strumento dell’incentivo all’acquisto e alla rottamazione dei veicoli avrà un impatto tutt’altro che marginale nelle dinamiche del settore.
L’agricoltura in difficoltà
È il settore che in Puglia impiega più lavoratori ed è quello che per primo paga le conseguenze del cambiamento climatico. Il caldo di questi giorni rischia di far pagare un nuovo dazio agli agricoltori, in attesa degli ultimi raccolti di uva della stagione. Al di là della necessità di interventi di sostegno, c’è il tema della concorrenza internazionale e della nuova Pac (Politica agricola comune) sul tavolo dei temi da affrontare dal nuovo esecutivo. È centrale, per quanto spesso sottovalutato, e non è un caso che ieri il neo ministro all’Agricoltura e alla Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, sia uscito allo scoperto: «Bisogna togliere il limite ai terreni incolti con un piano chiaro strategico di coltivazione dei terreni – ha affermato -. Abbiamo un milione di ettari coltivabili, non basta quello che ci mette a disposizione l’Europa e quindi è necessaria una riforma della Pac che si liberi dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia che può dire di avere una delle agricolture da sempre più sostenibili».
La partita con l’Europa del nuovo governo comincia da qui.