I dati sui reati legati alla violenza di genere sono in aumento nel barese, l’importanza della denuncia, e un invito a non restare in silenzio. Per questa ragione, il comando provinciale dell’arma agli ordini del generale di brigata Gianluca Trombetti, ha voluto fare un focus sulla questione affidandolo alla comandante del Norm della compagnia di Triggiano per a quale «denunciare è la prima arma».
Quando si rivolgono a voi donne vittime di violenza, qual è il profilo più comune delle situazioni che affrontate?
«Spesso si tratta di casi di maltrattamenti in famiglia o di stalking, come aggressioni verbali o psicologiche, minacce, atteggiamenti persecutori, con frequenti escalation tra ex partner o conviventi. Purtroppo non è raro che alla prima richiesta di aiuto, anche una semplice telefonata al 112, ne seguano altre, prima che la vittima trovi la forza di denunciare. Il fenomeno è ancora molto diffuso».
Che cosa dicono i numeri degli interventi ricevuti dal vostro comando territoriale?
«Facendo un confronto con i dati del 2024, abbiamo registrato un aumento del 10% degli interventi per maltrattamenti in famiglia e un +36% per stalking. Sono cifre che preoccupano, ma indicano anche che le vittime trovano il coraggio di chiedere aiuto».
Cosa significa, concretamente, per la vittima rivolgersi a voi?
«Significa innanzitutto essere ascoltate e tutelate: al Nucleo Operativo e Radiomobile lavoriamo con procedure pensate per affrontare la cosiddetta violenza di genere, secondo il protocollo previsto dalla normativa vigente. Denunciare non è un passo facile, spesso la paura, la vergogna, la dipendenza psicologica o economica tengono le vittime nel silenzio. Ma denunciare, anche se il reato è solo psicologico o minacce, può fare la differenza: può bloccare una escalation, far partire un’indagine, attivare misure di protezione».
Quali sono le difficoltà più frequenti nel trattare casi di violenza di genere?
«La più grande difficoltà, purtroppo, resta la fiducia. Molte donne arrivano tardi, quando la situazione è già esplosa, o quando hanno già subito gravi danni. A volte mancano prove concrete; altre volte la dimensione psicologica o relazionale rende tutto più complesso. È fondamentale sensibilizzare su ogni segnale, ogni sospetto, ogni richiesta di aiuto, anche confusa, va presa sul serio».
Qual è l’invito e il monito che si sente di lanciare?
«Non voltatevi mai dall’altra parte. Se una donna, o un minore, è vittima di violenza, denunciare è l’unica via per interrompere il ciclo. Anche una telefonata anonima può fare la differenza. LʼArma dei Carabinieri è pronta ad intervenire: la vostra voce non è sola, ed è importante farla sentire».
Perché questo tipo di interventi è cruciale?
«Negli ultimi anni in Italia, come mostrano i dati nazionali e regionali, gli interventi per reati riconducibili alla “violenza di genere” come: maltrattamenti, stalking e abusi domestici sono aumentati sensibilmente. Le forze dell’ordine sono sempre più impegnate in operazioni di prevenzione, protezione e indagine».
All’interno del comando provinciale carabinieri di Bari l’attenzione verso queste tipologie di reato è massima: il rapporto operativo quotidiano si intreccia con una sensibilizzazione costante verso le vittime. L’intervista alla sottotenente Federica Cerino offre uno spaccato reale di cosa significhi, per i carabinieri, affrontare il fenomeno della violenza di genere. Non solo come contrasto del reato, ma, anche, come presidio sociale, di ascolto e protezione. Denunciare, intervenire, dare voce a chi vive nel silenzio è un dovere civile e umano, che tocca tutti.