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Vigilesse reintegrate a Bari, in Commissione speciale Antimafia spuntano altri casi sospetti

Nuovi sviluppi sul fronte del caso delle agenti di Polizia Locale di Bari, reintegrate in servizio. La Commissione speciale Antimafia, riunitasi nelle scorse ore, ha reso noto che l’amministrazione comunale sta valutando se ci siano gli estremi per avviare procedimenti disciplinari nei confronti di altri agenti. I commissari prefettizi avevano infatti concluso da tempo gli…
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Nuovi sviluppi sul fronte del caso delle agenti di Polizia Locale di Bari, reintegrate in servizio. La Commissione speciale Antimafia, riunitasi nelle scorse ore, ha reso noto che l’amministrazione comunale sta valutando se ci siano gli estremi per avviare procedimenti disciplinari nei confronti di altri agenti. I commissari prefettizi avevano infatti concluso da tempo gli accertamenti su alcune condotte sospette, e ora toccherà a Palazzo di Città stabilire se siano state violate le regole del servizio. Un passaggio che potrebbe allargare ulteriormente la portata del caso, nato attorno alle due vigilesse, ma destinato a coinvolgere più figure del corpo di Polizia Locale.

La sentenza impugnata

Parallelamente, la Commissione ha confermato che il Comune impugnerà la sentenza del Tribunale del Lavoro che aveva annullato il licenziamento delle due agenti sospese per i presunti contatti con il clan Parisi. A ribadirlo è stato il direttore generale Davide Pellegrino, annunciando il ricorso in Corte d’Appello. Le vigilesse, nel frattempo, sono già rientrate in servizio e la stessa Commissione ha chiesto al comandante della Polizia Locale, Michele Palumbo, di chiarire quali mansioni siano state loro assegnate.

Il caso

Il caso delle due agenti aveva sollevato un’ondata di polemiche. Licenziate a marzo 2024, erano finite nell’inchiesta che aveva portato a 130 misure cautelari per presunti episodi di voto di scambio politico-mafioso durante le elezioni comunali del 2019. Secondo gli inquirenti, le vigilesse avrebbero chiesto l’intervento di Fabio Fiore, ex autista del boss Savinuccio Parisi, per intimidire un automobilista che le aveva insultate dopo aver ignorato un semaforo rosso.

Il Tribunale del Lavoro aveva però considerato sproporzionato il provvedimento di licenziamento. I giudici hanno sottolineato che i contatti telefonici con un soggetto legato al clan non potevano da soli costituire motivo sufficiente per interrompere il rapporto di lavoro e che non vi era stata alcuna omissione dei doveri d’ufficio. Anzi, le due agenti avevano regolarmente elevato le sanzioni ai trasgressori.

Un verdetto che ha riaperto il confronto istituzionale: tra la difesa delle lavoratrici e la linea dura dell’amministrazione, pronta a impugnare la sentenza e ora chiamata anche a valutare le posizioni di altri agenti sotto osservazione.

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