Non si è ancora insediato ufficialmente, cosa che avverrà il primo di ottobre, ma il neo rettore dell’Università degli Studi di Bari, il fisico Roberto Bellotti, eletto il 29 maggio scorso, è già al lavoro da giugno, affiancato dal suo predecessore Stefano Bronzini.
Magnifico allora che Unversità le lascia il professor Bronzini?
«L’Università di Bari è in ottima salute. Noi facciamo questo passaggio di consegne avendo in realtà tutta l’attività progettuale, in particolare quella del Pnrr, che non è ancora terminata. Io opererò senza soluzione di continuità con il sessennio passato. La nostra comunità accademica è in gran parte impegnata nella conduzione di questi grandi progetti del Pnrr che coinvolgono la gran parte di docenti e ricercatore».
Quali quelli su cui punterà
«Noi partecipiamo a progetti che sono tutti con finanziamenti su scala nazionale da 100 milioni di euro in cui poi l’Università ha dei pezzettini e di questine abbiamo 15, progetti molto grandi che prevedono anche la costituzione di nuovi laboratori e nuove infrastrutture di ricerca. Non possiamo lasciare nessuno di questi indietro perché prevedono grossi investimenti strumentali, li dobbiamo seguire tutti con attenzione e lavorare anche per la prosecuzione di queste attività post Pnrr con i nuovi bandi ministeriali per garantire che gli investimenti fatti col Pnrr non vadano dispersi».
Interesseranno tutte le aree?
«Sì da quella umanistica, alla fisica, alla matematica, alla chimica, sono tutte presenti e le scienze della vita».
Rettore a proposito dei Fondi di finanziamento ordinari, c’è un oggettivo calo negli anni 2024-2025 a livello nazionale, pari a meno 551 milioni di euro. A Bari quanti in meno?
«Non vorrei rispondere a livello nazionale perché le cifre si possono leggere in modo diverso. Bari ha avuto un incremento dell’1%, siamo passati da 199 milioni di euro a 202, dal 2024 al 2025. Abbiamo avuto un incremento di 3 milioni. Non sono cifre che ci cambiano la vita, ma non è un decremento».
Pare però che il problema sia quello dell’allocazione di queste risorse, costituite da una quota premiale e una quota base. Una situazione che probabilmente penalizzerebbe Bari?
«Il discorso della quota premiale è antico e deriva dalla applicazione della cosiddetta legge Gelmini, c’è un fondo premiale legato a come le università operano nel territorio rispetto alla formazione. Noi non siamo spaventati dalla quota premiale come università di Bari, nel senso che cerchiamo di essere il più possibile performanti rispetto alla base premiale e quindi non ci spaventa andare al confronto con le altre università».
Ci sono però anche indicatori in base ai quali poi vengono assegnati le quote, Bari viaggia tranquillamente?
«Il dettaglio di ogni indicatore non lo ho ancora studiato, mi sono limitato a guardare l’incremento complessivo che ha un segno più su tutti gli indicatori, non abbiamo indicatori su cui abbiamo perso, ma un segno più su tutto».
Quindi non la spaventa la concorrenza con altre università semmai del Centro e del Nord?
«No assolutamente. Noi siamo un mega ateneo che copre tutte le aree disciplinari eccetto Ingegneria e Architettura che sono coperte dal Politecnico e da un punto di vista della ricerca, della formazione e dei rapporti con il territorio offriamo servizi e qualità che sono ai massimi livelli, per cui non sono affatto spaventato dal confronto. Ovviamente dobbiamo ricordare che la regione Puglia è di cosiddetta convergenza, quindi regine che ha un Pil pro capite molto più basso di quello delle regioni del centro-nord. Le università che insistono che insistono su questi territori hanno gioco forza dei rapporti col tessuto socio-economico regionale che scontano la difficoltà di partenza. Non possiamo pensare di competere con la statale di Milano rispetto ai finanziamenti che acquisiamo dall’esterno perché il nostro esterno non è l’esterno della Lombardia. Dobbiamo confrontarci con i nostri pari a livello europeo che sono le università che sono regioni della convergenza quindi svantaggiate».
Quindi rettore ci saranno assunzioni e fondi per la ricerca, nessun problema?
«Ci muoveremo con continuità. Per i fondi per la ricerca, contiamo molto sulla prosecuzione della progettualità Pnrr e faremo attenzione di coinvolgere gruppi di ricerca presenti nell’università che semmai nella prima progettualità Pnrr sono rimasti esclusi. Allargheremo la base dei ricercatori coinvolti. Per quanto riguarda la didattica sicuramente nei prossimi anni introdurremo parecchie novità come riforma dei corsi di laurea e le assunzioni speriamo di mantenere il livello degli scorsi anni che è stato importante sia come assunzioni che come progressioni di carriera. Un punto molto importante sarà l’attenzione al personale precario, quindi i ricercatori, componente che si è molto gonfiata con il Pnrr».
Più che nuove assunzioni andiamo incontro a una stabilizzazione quindi?
«Sì dobbiamo offrire sbocchi ai ricercatori precari che abbiamo assunto con contratti a tempo determinato con i fondi Pnrr. Questo sarà un tema che la nostra comunità deve affrontare».
Magnifico e per gli studenti cosa prevede di fare?
«Gli studenti li stiamo già incontrando molto spesso per capire con loro quali sono le loro esigenze. Sicuramente la cosa che chiedono e su cui ci muoveremo con grande solerzia è l’apertura delle sale studio sino a tarda sera. Per loro diventa anche uno strumento di socialità, condivisione, accoglienza. Questa la prima priorità del mio mandato».