Un cortocircuito burocratico che si scontra con una tragedia familiare. È la storia di una cittadina albanese di 46 anni, residente a Santeramo in Colle, che si è vista notificare un decreto di espulsione dall’Italia solo per aver tentato di compiere un ultimo atto di pietà verso il genitore: correre in patria per identificare il corpo del padre assassinato.
Oggi, il Giudice di Pace di Bari ha messo fine a questa odissea legale, accogliendo il ricorso della donna e dichiarando illegittima l’espulsione.
Il dramma
Tutto accade nel febbraio 2025. La donna e il marito, suoi connazionale, avevano presentato il 19 febbraio regolare istanza di protezione internazionale (richiesta di asilo) alla Questura, consegnando come da prassi i propri passaporti. Pochi giorni dopo, il 24 febbraio, la vita della donna viene sconvolta da una notizia appresa dalla stampa: il padre è stato ucciso in Albania a colpi di arma da fuoco.
Il giorno successivo, la 46enne si presenta in Questura a Bari. Ha bisogno urgente di partire per l’Albania per il riconoscimento della salma. Ma la legge, in questi casi, è rigida: per riavere il passaporto e lasciare il territorio italiano bisogna rinunciare alla richiesta di asilo. La donna, disperata, accetta la riconsegna del documento, ma questo fa scattare l’automatismo amministrativo: espulsione immediata con ordine di lasciare l’Italia entro 7 giorni e divieto di rientro per cinque anni. Poche ore dopo, la donna parte per l’Albania, rimanendo di fatto bloccata lì, impossibilitata a tornare nella sua casa in Puglia.
Assistita dall’avvocato Uljana Gazidede, la 46enne ha fatto ricorso. Il giudice ha riconosciuto che quella rinuncia non era frutto di una libera scelta, ma di una necessità imperativa. Nella sentenza si legge che bisogna tenere conto delle «ragioni che hanno indotto la ricorrente a lasciare il territorio nazionale», ossia la necessità di recarsi in Albania per l’identificazione del padre vittima di omicidio. Un elemento di forza maggiore da cui consegue, inevitabilmente, il profilo di illegittimità del provvedimento di espulsione.