Nata a Kiev, europeista convinta, la 31enne ematologa Tetiana Skrypets, laureata e specializzata in Ucraina, è giunta in Italia tre anni fa, dopo aver vinto il concorso per un posto di dottorato riservato agli stranieri. Dopo alcuni mesi trascorsi a Modena, nel 2018 si è trasferita a Bari. Parla un italiano eccellente e svolge il master presso il Dipartimento di oncoematologia diretto da Attilio Guarini, all’Istituto oncologico Giovanni Paolo II. Lo scorso settembre l’hanno raggiunta a Bari il fratello quindicenne e la nonna. La guerra scoppiata in questi giorni nel suo paese li ha gettati in uno stato di prostrazione profonda, oltre ad aver bloccato alcuni documenti fondamentali per il lavoro della giovane ricercatrice.
Dottoressa, chi è rimasto a Kiev della sua famiglia?
«I miei genitori. Mamma ha 55 anni, ma è malata e ha dovuto lasciare il suo lavoro di ematologa in un centro trapianti. Papà è in pensione da alcuni mesi, ma in questi giorni bui ha comunque lavorato, è medico generico e il primo giorno di guerra l’hanno chiamato. Poi gli hanno chiesto di restare a casa, in riserva. Da venerdì mattina alle 4 non fanno altro che andare su e giù nei rifugi antiaerei».
Riesce a sentirli? C’è cibo a sufficienza?
«La notte ogni 30-40 minuti mi mandano un messaggio, perché è il momento più pericoloso, durante il giorno ogni ora. Il cibo in alcuni rifugi arriva a sufficienza, in altri no».
I suoi potrebbero uscire dall’Ucraina?
«È molto pericoloso uscire da Kiev, vengono uccisi non solo i militari, ma anche i civili. Quello che Putin sta dicendo, che è venuto a salvarci, non è vero. Noi ucraini siamo indipendenti e viviamo in pace. Mi dispiace che nessuno ci possa aiutare veramente. Siamo circondati anche dalle forze bielorusse. Mi rendo conto che il futuro del mondo lo decidiamo adesso noi».
L’Ucraina può diventare un paese ricchissimo, dicono gli analisti. È così, secondo lei?
«L’Ucraina può veramente diventare ricchissima con tutte le risorse naturali che possiede. Ma siamo stati sempre in mezzo tra Russia ed Europa e i loro interessi, i nostri governi non sono stati perfetti, e così non abbiamo potuto sviluppare un sistema economico efficiente. Di questa enorme ricchezza potrebbe godere non solo il popolo ucraino, ma anche il popolo europeo».
Come mai suo fratello e sua nonna si sono ricongiunti a lei, a Bari?
«Lui ha 15 anni, la decisione di portarlo in Italia è stata presa prima di questa tragedia, a settembre, perché voglio che lui abbia una laurea e non debba affrontare nessun complicatissimo iter di riconoscimento, come sta accadendo a me».
Sta avendo problemi?
«Mi sono stati riconosciuti 6 anni di studi per la laurea, abbastanza per fare ricerca, ma per praticare la professione medica ho dovuto fare la domanda nell’ambasciata italiana a Kiev, da dove poi parte una procedura lunga, che però era terminata positivamente. Aspettavo a giorni che mi arrivasse il documento finale, ma con la guerra si bloccherà tutto».
Chiederà lo status di rifugiata?
«Io non ne ho bisogno, ho già il permesso, sto qui ufficialmente da tre anni. Per mio fratello sto aspettando l’affidamento e il permesso di soggiorno. Adesso sinceramente non so come fare, vedremo».
Cosa spera che si possa fare per mettere fine alla guerra?
«Mi rendo conto che la Nato non si farà coinvolgere e per questo posso dire in modo aperto che l’Europa deve bloccare l’utilizzo dello Swift (codice che consente le transazioni bancarie interazionali, ndr), sarebbe una misura molto efficace. Spero che l’Unione europea possa prendere la decisione giusta. Il futuro dell’Europa, la storia la stiamo facendo proprio in Ucraina».