A Bari la Tari continua a pesare come un macigno sui bilanci familiari. Lo conferma l’ultimo, dettagliato report di Cittadinanzattiva, che fotografa una città dove una famiglia di tre persone nel 2025 pagherà in media 432 euro per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Una cifra che vale più del doppio rispetto ai 196 euro richiesti a una famiglia di Cremona.
Il divario Nord-Sud
Il divario non sorprende: il Sud resta l’area dove la tassa rifiuti è più cara, con Puglia, Campania e Sicilia stabilmente oltre la soglia dei 400 euro annui. All’opposto, Trentino-Alto Adige, Molise e Lombardia registrano le tariffe più leggere. Per Bari il conto sarebbe legato all’elevato costo del servizio svolto da Amiu Puglia, che ogni anno assorbe circa 80 milioni di euro per igiene urbana, pulizia e smaltimento. E il confronto con altre grandi città italiane non è incoraggiante: a fronte dei 432 euro baresi, Udine si ferma a 199, Bergamo a 223, Milano a 291, Bologna a 294. Se il dato assoluto pesa, quello relativo ai redditi pesa ancora di più. Nel report viene ricordato che lo stipendio medio lordo a Milano è pari a 2.642 euro, mentre a Bari si scende a 1.491 euro, il 45% in meno. Una forbice che amplifica l’impatto della tassa sulle famiglie. Inoltre, mentre in molte città italiane la Tari scende — Modena -12,3%, Cagliari -7,6%, Isernia -4,8% — nel capoluogo pugliese cresce ancora: +1,6% quest’anno. E i risultati non brillano. La città resta poco pulita, la raccolta differenziata è ferma al 46%, il 54% dei rifiuti continua a finire in discarica e non è noto il tasso di effettivo riciclo dei materiali.
La riforma
Da tempo il consigliere della Lega Bari Giuseppe Carrieri chiede su una riforma radicale del sistema: eliminazione dei cassonetti stradali a favore di contenitori interrati smart, nuovi impianti locali di trattamento e riciclo, e soprattutto la tariffa puntuale (Tarip), basata sui rifiuti prodotti e non sui metri quadri dell’abitazione. Un modello che, secondo Cittadinanzattiva, nei Comuni che lo hanno adottato riduce del 18% l’indifferenziato e premia i comportamenti virtuosi.
Le dichiarazioni
«Dopo 18 mesi di amministrazione Leccese – denuncia Carrieri – nulla è cambiato: disservizi igienici, impianti insufficienti e costi sempre altissimi». Un segnale positivo arriva però dai recenti controlli della Ripartizione Tributi sulle utenze non domestiche: il 45% di quelle verificate non aveva mai dichiarato l’inizio attività, evadendo totalmente la Tari. Recuperati finora oltre 2 milioni di euro. Risorse che, se confermate e incrementate, potrebbero finalmente tradursi in una riduzione della Tari nel 2026. «Pagare tutti per pagare meno», si ripete da anni. Ora Bari attende di capire se, almeno su questo fronte, le promesse diventeranno realtà.