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Stefania Craxi racconta Bettino in un libro: «Nessuno come mio padre» – L’INTERVISTA

«Irriproducibile»: non ha esitazioni Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia con un passato da sottosegretaria agli Esteri, nel definire papà Bettino. E dello storico leader del Partito socialista italiano, uno dei simboli della Prima Repubblica poi travolto da Tangentopoli, Stefania Craxi traccia un profilo in “All’ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti"…
bettino e stefania craxi

«Irriproducibile»: non ha esitazioni Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia con un passato da sottosegretaria agli Esteri, nel definire papà Bettino. E dello storico leader del Partito socialista italiano, uno dei simboli della Prima Repubblica poi travolto da Tangentopoli, Stefania Craxi traccia un profilo in “All’ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti” (Piemme), libro che sarà presentato venerdì alle 18 a Bari, nella sede della Fondazione Tatarella.

Senatrice, che cosa ha significato essere la figlia di uno dei politici più influenti e potenti, ma anche più contestati, della Prima Repubblica?

«Mio padre era una personalità gigantesca. Faceva ombra ai leader nazionali e internazionali, figuriamoci a una ragazzina come me. Accanto a lui ho sentito il respiro lungo della storia. E questo è un vantaggio di cui sono orgogliosa».

È l’unico vantaggio che ha avuto?

«In realtà ho avuto anche svantaggi, soprattutto a livello personale. Pensi che da ragazza volevo diventare giornalista, ma ogni volta che entravo in una redazione mi sentivo dire: “Mi dispiace, signorina, ma con quel cognome…”. Il bilancio resta comunque positivo: il mio è stato un padre difficile e straordinario».

Che ricordo ne conserva?

«Conservo il ricordo di un uomo che considerava la libertà come valore non negoziabile e per il quale la politica era il metro di tutto. Anzi, mio padre era tutto politico. E poi, sotto quella scorza di durezza che molti scambiavano erroneamente per arroganza, nascondeva un cuore pieno di bontà».

Suo padre ha incarnato, insieme con altri esponenti di altri partiti, la politica della Prima Repubblica: che differenza c’è tra quella classe dirigente e quella attuale?

«Bettino Craxi era una personalità irriproducibile. Per il resto, sono cambiati i tempi e l’impatto della politica che ha perso progressivamente la sua centralità. Nel suo famoso intervento in Parlamento, il 3 luglio 1992, mio padre difese proprio questo: la politica. Non fu una chiamata in correità, ma la richiesta che la fine di una classe dirigente fosse decretata per via politica e non giudiziaria».

Erano gli anni di Tangentopoli, delle inchieste, degli avvisi di garanzia a raffica, degli arresti a favore di telecamera e anche dei suicidi di molti esponenti politici coinvolti: che cosa resta di quella stagione?

«Resta la perdita del primato della politica. Ormai non esiste più una classe politica perché sono stati smantellati i partiti, all’interno dei quali ciascun esponente seguiva un percorso duro ma che gli consentiva di comprendere fino in fondo le necessità della gente. In quel modo, però, si forgiava una classe politica all’altezza».

Ma è vero che suo padre morì col desiderio di visitare Gallipoli, dove paradossalmente non era mai stato?

«Certo. Me lo confessò poche ore prima di morire. Avevamo appena finito di vedere un programma televisivo dedicato proprio a Gallipoli. Papà mi disse: “Ho girato tutta l’Italia, ma Gallipoli non la conosco”. Di lì a poco finì. Quelle parole erano il segno di una ferita aperta, una nostalgia lancinante per un Paese che lui definiva Patria».

Ma il rapporto tra suo padre e la regione fu coltivato anche attraverso tanti dirigenti pugliesi…

«Certo, mio padre conservava un ottimo rapporto con tanti compagni. Penso al senatore Amleto Monsellato, per esempio».

Ma la Puglia ha dato i natali anche a Rino Formica e Claudio Signorile, entrambi più volte parlamentari e addirittura ministri…

«Mi limito a dire che la classe dirigente socialista ha dato prova di tradimenti, infingimenti e viltà. Tanti compagni, però, hanno mostrato solidarietà a mio padre all’epoca di Tangentopoli».

Antonio Decaro, oggi europarlamentare e per lungo tempo sindaco di Bari, è di estrazione socialista. Le ricorda suo padre lui o il governatore Michele Emiliano o qualche altro esponente politico pugliese?

«Neanche per sbaglio. Bettino Craxi era una figura molto particolare: aveva ideali risorgimentali e, nello stesso tempo, una visione politica molto moderna e proiettata verso il futuro. Soprattutto in questo fu irriproducibile».

A suo padre si riconosce da più parti il merito di aver affrontato la crisi di Sigonella con grande autorevolezza: perché all’epoca la classe politica si muoveva in quel modo e oggi, invece, sembra balbettare su un caso spinoso come l’arresto di Cecilia Sala in Iran? Che cosa ostacola uno scambio con l’ingegnere Mohammad Abedini, attualmente detenuto a Milano?

«A Sigonella mio padre dimostrò che si può essere alleati leali e non subalterni. E lo fece seguendo il diritto internazionale e le leggi italiane, pretendendo che gli assassini di Klinghoffer fossero processati dalla magistratura italiana. Detto questo, anche il Governo attuale deve rispettare il diritto internazionale e le leggi italiane e quindi la procedura di estradizione richiesta dagli Stati Uniti per Abedini».

Suo padre fu anche una delle personalità più autorevoli e ascoltate in Medio Oriente: quale insegnamento si può trarre per la gestione degli equilibri politici in quella zona del mondo?

«Il governo Craxi fu effettivamente autorevole e molto ascoltato in Medio Oriente. Ma quell’area non è mai stata instabile come oggi. Parliamo di epoche diverse. E di persone diverse».

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