«Tornare a casa di notte dopo lavoro è pericoloso. Abbiamo paura». In centinaia tra membri della comunità migranti e associazioni sono scesi in piazza per denunciare l’escalation di aggressioni, rapine e minacce nei confronti di residenti e cittadini stranieri nel quartiere Libertà di Bari. Un corteo partito da piazza del Redentore e diretto in prefettura per accendere i riflettori su un fenomeno che negli ultimi mesi ha registrato un aumento di episodi violenti e chiedere interventi concreti sulle condizioni di vita e i diritti di tutti i cittadini immigrati, «siano essi residenti o richiedenti asilo ospitati nel Cara», specificano i manifestanti.
Violenza e sicurezza
Appena qualche settimana fa, raccontano i presenti, un membro della comunità è stato accoltellato mentre rientrava a casa dopo lavoro da alcuni individui che gli hanno chiesto del denaro. «Ora lui sta bene – spiega uno dei manifestanti – ma abbiamo paura. Noi siamo qui perché vogliamo sicurezza. Da più di 20 anni viviamo al Libertà. Negli ultimi mesi, però, noi bengalesi quando torniamo a casa dopo mezzanotte veniamo derubati, aggrediti e ci lanciano uova». E ancora: «Chiediamo che la legge sia uguale per tutti», grida un altro partecipante alla mobilitazione. Un corteo, quello che ha sfilato per le vie della città, che ha attirato l’attenzione dei passanti e dei curiosi, richiamati dai cori dei manifestanti che, oltre a chiedere tutele e sicurezza, invitano tutti a non voltare lo sguardo davanti alle ingiustizie. «Noi qui lavoriamo e paghiamo onestamente i contributi – rivendica un cittadino bengalese – Vogliamo solo vivere tranquilli».
L’appello della comunità
«Accendere le luci del quartiere è possibile e necessario – si legge sui manifesti distribuiti durante la manifestazione – Un quartiere che la sera si spegne diventa insicuro per tutti gli abitanti». Comitati e associazioni chiedono politiche di integrazione più incisive in un quartiere della città che da tempo ormai è diventato un luogo di integrazione, in cui c’è un continuo incontro di etnie e culture diverse. «Quella del Redentore è una comunità multiculturale» ha commentato don Luca, direttore dell’oratorio, il quale è convinto che gli episodi di violenza nei confronti dei residenti stranieri siano più legati a fattori di «codardia» che di razzismo perché, ha spiegato, è più facile attaccare chi è isolato. «Se aggredisci un bianco, un barese, non puoi sapere di chi è figlio – ha evidenziato il parroco – se invece colpisci uno straniero, sai che alle spalle non ha alcun tipo di protezione». «Vogliamo incontrare prefetto, sindaco e questore per chiedere impegni concreti – spiega uno degli organizzatori del corteo – Questi problemi non si affrontano solamente con la repressione, ma servono le politiche sociali, culturali, di inclusione e partecipazione. Servono luoghi di incontro: dobbiamo conoscerci perché siamo tutti cittadini e lavoratori. Bisogna intervenire sul quartiere perché non può rimanere isolato. Serve illuminazione, serve sicurezza». L’appello rivolto alle istituzioni pubbliche, scolastiche, religiose e alle associazioni sociali e culturali è quello di organizzare «una grande iniziativa permanente di sensibilizzazione» affinché possano cessare definitivamente gli episodi di violenza.