Nel dedalo di vicoli del borgo antico, dove ogni pietra sembra custodire un ricordo e ogni portone una storia, Bari vive da tempo una sua piccola rivoluzione gastronomica spontanea. Dopo le «signore delle orecchiette», diventate quasi un simbolo popolare e fotografico della città vecchia, ora è la volta delle sgagliozze, le celebri losanghe di polenta fritte, a prendersi scena e marciapiedi. E lo fanno nel modo più diretto possibile con friggitrici improvvisate, pentoloni bollenti, bombole a vista e tavolini estemporanei che spuntano come funghi tra le stradine affollate.
Passeggiando tra le viuzze e i cortili che si aprono quasi all’improvviso sul mare, il profumo d’olio caldo avvolge i passanti molto prima che si individui la fonte. Basta seguire la scia. Un fornello acceso davanti a un portone, una bottiglia d’olio mezzo piena, un tagliere consumato dal tempo, e due o tre turisti incuriositi che attendono la loro porzione bollente servita in un tovagliolino di carta.
Tutto molto spontaneo, molto verace, molto «Bari Vecchia», direbbe qualcuno. Forse, anche, troppo. Il confine tra folclore e disordine, infatti, appare sempre più sfumato.
I residenti raccontano scene quotidiane che hanno dell’incredibile con bombole del gas poggiate sui gradini dei palazzi, fiamme vive accese a pochi centimetri dai passanti, olio che ribolle senza alcuna protezione tra la folla di turisti del fine settimana. «Ormai sembra una sagra permanente», sbotta una signora affacciata al balcone, che aggiunge: «e chi controlla? Nessuno. Ci arrangiamo noi a scansare pentole e tavolini».
I turisti, dal canto loro, oscillano tra entusiasmo e sorpresa. Le sgagliozze, del resto, sono una piccola epifania di gusto, croccanti fuori e morbide dentro, ideali per una foto, per un racconto da riportare a casa. Ma c’è chi si chiede se sia, davvero, tutto così pittoresco come appare o se dietro l’immagine da cartolina non si nasconda un rischio reale. L’olio a cielo aperto, la mancanza di protezioni e la folla crescente possono trasformare una semplice frittura in un pericolo collettivo.
Le norme, sulla carta, parlano chiaro quando sostengono che per cucinare e vendere cibo in strada servono autorizzazioni specifiche, requisiti igienici precisi, controlli periodici e, ovviamente, la regolarità fiscale. Nel microcosmo cittadino, il centro storico vive da sempre una logica a parte, fatta di consuetudini antiche, tolleranze diffuse e un’elasticità che hanno il sapore di un compromesso tacito tra tradizione e modernità.
La questione divide in due la città. C’è chi difende questa spontaneità come un tratto distintivo del capoluogo pugliese e chi, invece, invoca regole più stringenti. Intanto, le sgagliozze continuano a sfrigolare nelle stradine, attirando curiosi e facendo storcere il naso a chi teme che la poesia popolare si trasformi, da un giorno all’altro, in una brutta pagina di cronaca. Bari Vecchia, ancora una volta, cammina sul sottile filo che separa il folklore dal caos.
Con una certezza legata alla considerazione che finché ci sarà qualcuno disposto a friggere e qualcuno pronto ad assaggiare, le sgagliozze continueranno a raccontare, nel bene e nel male, un pezzo autentico della città.