L’eventuale promozione in Serie A del Bari è «il grandissimo rischio d’impresa», ormai conclamato, della famiglia De Laurentiis. Quello che potrebbe sembrare un paradosso è invece il principale ‘pilastro negativo’ su cui si fonda l’iter avviato nel capoluogo pugliese nell’estate del 2018, per effetto delle attuali norme che regolano l’istituto della multiproprietà del calcio. In caso di A la famiglia di imprenditori romani non soltanto avrà l’obbligo di vendere il Bari, ma dovrà farlo molto in fretta. Il concetto, lapalissiano da oltre 6 anni, è stato ribadito dall’amministratore unico della società biancorossa nel corso di una lunga intervista ‘in famiglia’ concessa all’emittente ufficiale del club, Telebari.
Il chiarimento
A dare l’input è stato il tentativo di spiegare il passaggio, molto controverso, reso nell’ultima conferenza stampa sul «rischio imprenditoriale» rappresentato dalla promozione in Serie A, foriero già allora di un vespaio di polemiche: «La vera verità è che se dovessimo arrivare in A avremo 10 giorni di tempo per vendere il Bari. Mi sembra un grandissimo rischio, ma non mi pare che ci preoccupiamo, perché ogni anno investiamo soldi nostri e ripianiamo; vogliamo una società sana, senza debiti, cercando di essere competitivi». Un teorema che nonostante sia legittimo e non faccia una piega ‘sic stantibus rebus’, appare moralmente antitetico rispetto al diritto di sognare della tifoseria, trasformando la comprensibile ambizione di una piazza come Bari di ritornare nella massima serie dopo 15 anni in un momento quasi di ‘lutto’.
La realtà
Se da un lato il principio appena descritto fa a cazzotti con il buon senso, la razionalità e l’etica sportiva della vittoria, dall’altro il campionato di Serie B ’24-’25 vede un Bari in piena forma. Un motivo di orgoglio rivendicato da De Laurentiis, sufficiente per sgombrare il campo dal complotto del ‘freno a mano tirato’ proprio per scongiurare il «rischio d’impresa»: «A chi nutre sospetti dico che siamo quarti. Ogni anno investiamo per arrivare il più in alto possibile. Dichiarare di voler arrivare ai playoff significa dire che lì può succedere qualsiasi cosa. Ci siamo già riusciti il primo anno, sfiorando la promozione per pochi secondi. Il complottismo? Ci sono tanti tifosi che si godono questa squadra e rendono orgoglioso il Bari». Testa alta e petto in fuori dunque per il massimo dirigente dei Galletti, soddisfatto dell’opera di ricostruzione avviata sull’asse Magalini-Di Cesare-Longo: «L’ultimo successo in particolare ci ha ripagato dei punti lasciati per strada, credo che la classifica rifletta la qualità del lavoro».
Il futuro e il mercato
«Se ci fosse una fila di arabi, americani, russi e fondi che avessero bussato alla porta del Bari e io li avessi mandati via potrei comprendere chi pensa che la società sia ostaggio di questa famiglia. Ma lo ribadisco apertamente: se ci sarà una realtà importante che volesse affiancarci per arrivare insieme in Serie A con il Bari, perché no». A gennaio saranno almeno due le priorità per puntellare difesa e centrocampo. L’attenzione di Dela è però rivolta alle ultime quattro gare dell’anno: «Aspettiamo prima tutti i risultati per capire il potenziale della squadra, dato che ci sono diversi giocatori che non si sono espressi al massimo. Stiamo cercando di capire cosa può non funzionare e chi vuole andare via. Nel frattempo valutiamo profili». Nessun riferimento alle voci di mercato sempre più insistenti su Dorval, oggetto di elogi da parte del presidente biancorosso. Il rinnovo del contratto del franco algerino potrebbe essere un argomento di cui discutere nei prossimi mesi.
L’annuncio
«Abbiamo investito su un altro campo perché lo stadio e l’Antistadio non bastavano», ha spiegato De Laurentiis. Si tratta di una struttura privata della città, dove la squadra effettuerà parte degli allenamenti settimanali. «Un centro sportivo? Per il futuro può essere un progetto nel momento in cui economicamente si individui un’area da mettere a patrimonio della società che si sta completando».