Nella tarda mattinata di oggi, sabato 6 dicembre, la nave Life Support di Emergency ha completato le manovre di attracco nel porto di Bari, portando al sicuro 120 persone recuperate nel Mediterraneo centrale.
I naufraghi sono stati soccorsi nel corso di due distinti interventi, avvenuti il 2 e il 3 dicembre scorso nelle acque internazionali della zona Sar libica.
I numeri dell’emergenza
A mobilitare la macchina dell’accoglienza pugliese è la presenza significativa di soggetti fragili all’interno del gruppo. Dei 120 migranti sbarcati, infatti, 31 sono minori, e di questi ben 23 risultano non accompagnati, viaggiando senza genitori o figure adulte di riferimento. A bordo anche sette donne in stato di gravidanza, che hanno ricevuto assistenza prioritaria.
Subito dopo l’ormeggio, sono scattate le procedure di controllo sanitario direttamente a bordo della nave: stando alle prime informazioni, non sono state segnalate criticità mediche e le condizioni generali dei sopravvissuti sono buone. Le persone tratte in salvo provengono da un ampio ventaglio di nazioni dell’Africa occidentale e subsahariana: Gambia, Guinea Bissau, Nigeria, Sud Sudan, Niger, Senegal, Camerun, Ghana e Costa D’Avorio.
Il racconto shock dal Darfur
Si sono concluse intorno alle 14:30 di oggi le operazioni di sbarco nel porto di Bari. Tutti i 120 migranti a bordo della Life Support di Emergency hanno toccato terra e stanno bene. Ma mentre la macchina dell’accoglienza si occupa di visite e identificazioni, sulla banchina risuonano le storie di chi ha attraversato l’inferno per arrivare in Puglia.
La testimonianza più toccante arriva da un giovane sudanese, fuggito dalla guerra civile che sta devastando il Darfur. Il suo viaggio è un’odissea che ridisegna la mappa della disperazione: dal Sudan al Niger, passando per l’Algeria fino alla Tunisia.
«Ho provato ad attraversare il Mediterraneo otto volte – ha raccontato il ragazzo ai soccorritori – ma sono stato sempre intercettato e respinto dalla cosiddetta Guardia costiera tunisina o libica». Prima del mare, però, c’è stata la traversata via terra, forse ancora più pericolosa: «Il viaggio attraverso il deserto è stato molto duro, senza cibo e acqua». E anche le tappe intermedie non hanno offerto tregua: «La vita in Tunisia è stata ancora più difficile che in Libia», ha confessato. Ora, al sicuro in Italia, il suo desiderio è semplice e universale: «Spero di poter lavorare in modo dignitoso e aiutare la mia famiglia».
Tra i 120 sbarcati, l’attenzione resta alta per i 31 minori, di cui ben 23 non accompagnati, che sono stati presi in carico dalle strutture dedicate. A chiusura delle operazioni, il comandante della Life Support, Andrea Micali, ha voluto lodare l’efficienza del sistema locale: «Ringrazio le autorità e i volontari di Bari che ci hanno assistito e hanno permesso che le operazioni di sbarco fossero svolte senza difficoltà. Auguro il meglio per il loro futuro a tutte le persone sbarcate».












