Il sistema sanitario italiano è sull’orlo del collasso. A Bari, esperti e rappresentanti del settore lanciano l’allarme: tagli, sottofinanziamento e mancanza di investimenti nel personale stanno minando la qualità e l’accessibilità delle cure.
Nel corso del convegno “Investire nei professionisti sanitari per garantire la salute della persona” sono stati illustrati dati da cui emerge che la spesa sanitaria pubblica italiana nel 2023 era al 6,2% del pil, ben al di sotto della media Ocse del 6,9%.
Nel 2023 l’Italia ha speso 176 miliardi per la Sanità, con un 23% di spesa privata, ben al di sopra del 15% indicato dall’Oms come soglia oltre la quale viene compromessa l’accessibilità ai servizi sanitari.
Medici e infermieri abbandonano il servizio sanitario
«Sempre più giovani disertano le professioni sanitarie e molti medici e infermieri abbandonano il servizio sanitario nazionale per il privato o per l’estero», denuncia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. La pandemia ha peggiorato una crisi già esistente, con turni massacranti e condizioni di lavoro difficili che spingono i professionisti a cercare alternative.
Liste d’attesa interminabili e pronto soccorso al collasso
Le conseguenze sono evidenti: liste d’attesa interminabili, pronto soccorso al collasso e cittadini senza medico di medicina generale. «È urgente rilanciare le politiche sul capitale umano, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nella sanità pubblica», sottolinea Cartabellotta.
Investimenti insufficienti e spesa sanitaria squilibrata
La spesa sanitaria pubblica italiana è al di sotto della media Ocse, mentre la spesa privata è troppo alta, compromettendo l’accessibilità ai servizi. «Dopo il Covid, i governi hanno investito in strutture e infrastrutture, ma non ci sono stati nuovi investimenti capaci di bloccare la fuga dei medici dalla sanità pubblica», afferma Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari e della Federazione nazionale degli Omceo.
Il rischio di tradire lo spirito del Servizio sanitario nazionale
Anelli esprime la preoccupazione che si stia andando sempre più verso il privato, con il rischio di tradire lo spirito del Servizio sanitario nazionale nato nel 1978. «Quel diritto alla salute, che faticosamente è stato conquistato, a fatica oggi riusciamo a garantirlo», afferma Anelli, sottolineando come 4,5 milioni di cittadini rinunciano alle cure a causa delle difficoltà economiche o delle lunghe attese.
La Puglia virtuosa, ma con il fardello del piano di rientro
Nonostante i progressi della Puglia nel rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), l’assessore alla Sanità e vicepresidente della Regione, Raffaele Piemontese, sottolinea come il piano di rientro regionale, con il blocco delle assunzioni e altre limitazioni, impedisca di concentrarsi sul paziente.
L’appello al governo
Da Bari, parte un appello al governo: investire nel personale sanitario, migliorare le condizioni di lavoro, riformare i percorsi formativi e non tradire lo spirito del Servizio sanitario nazionale. Solo così sarà possibile garantire universalmente il diritto alla tutela della salute.