Nasce a Bari il comitato Giusto dire no in vista del referendum sulla riforma costituzionale della giustizia. Presentato in un cinema del capoluogo, al comitato aderiscono la giunta distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), che comprende l’area metropolitana di Bari e le province di Bat e Foggia, docenti universitari e referenti di realtà associative del territorio, come l’associazione antiviolenza Giraffa di Bari e Libera Puglia. «Il comitato nasce per dare ai cittadini una informazione precisa sui contenuti della riforma – ha spiegato la presidente dell’Anm distrettuale Antonella Cafagna – Dovrebbero votare no perché i magistrati possano continuare ad essere indipendenti dalla politica, perché questa riforma non risolve i problemi della giustizia e per continuare ad avere un pubblico ministero che abbia la cultura delle garanzie».
«La riforma Nordio purtroppo incide direttamente sulla vita di tutti i cittadini – ha detto il procuratore di Bari, Roberto Rossi – Senza una magistratura indipendente, senza un Consiglio superiore eletto democraticamente, senza una possibilità di difendersi, la magistratura non potrà fare quello che è il suo dovere, cioè difendere e tutelare i diritti di tutti i cittadini. Questo è il punto fondamentale, non è la separazione delle carriere». «Non è una battaglia di maggioranza o di minoranza – ha aggiunto Rossi – è una battaglia di civiltà a tutela dei cittadini. Ogni cittadino deve sapere che solo un giudice indipendente può permettergli, pur con tutti i limiti che esistono all’interno della magistratura, di poter avere difesi i propri diritti».
Rispondendo alla domanda sui recenti casi di cronaca, come quello della famiglia nel bosco e Garlasco, con riferimento ai quali la magistratura è stata criticata, il procuratore Rossi ha detto che «bisogna capire che ogni processo è una questione delicata, che non può essere affrontata senza guardare le carte, senza guardare quello che succede, senza studiare. È ovvio che quindi alcune cose diventano strumentali. Ovviamente i giudici, come tutti, come i pubblici ministeri, come i politici e i giornalisti, possono sbagliare, ma è pericoloso utilizzare questo per andare contro un’istituzione. Il problema è evitare che questo diventi un modo per delegittimare le istituzioni».










