In città è già partita la corsa che porterà all’elezione del prossimo Rettore dell’Università di Bari, che succederà a Stefano Bronzini. Le candidature ufficiali saranno rese note a marzo, ma dopo l’annuncio di Nicola Decaro, direttore del dipartimento di Medicina veterinaria, a confermare la propria presenza tra i candidati è Luigi Palmieri, a capo del dipartimento di Bioscienze di Uniba.
In queste settimane si parla tanto di elezioni e rettorato…
«Beh l’ufficialità deve seguire la pubblicazione di un bando, ma confermo la mia intenzione di candidarmi».
Cosa l’ha spinta a lanciarsi in questa sfida?
«Innanzitutto io spero di poter porre all’attenzione della comunità accademica proposte concrete di miglioramento. Penso si parli troppo dei candidati e troppo poco delle cose da fare. Mi appresto a condividere alcune proposte e su queste confrontarmi fino alla preparazione di un programma organico».
Su quali aree è necessario intervenire con più urgenza?
«Il nodo principale è il funzionamento dell’Università. Per difenderne l’autonomia e l’indipendenza, l’Università deve funzionare bene e da questo derivano una serie di azioni. Sia relative alla riforma del sistema della governance istituzionale sia nelle singole azioni che hanno impatto sulle missioni fondamentali dell’Università».
Ad esempio?
«Per quanto riguarda la governance, prevedo il superamento di un modello nel quale c’è il solo Rettore al comando. Sarebbe necessaria la presenza di prorettori, ognuno per un’area strategica, dalla ricerca alle politiche per le sedi decentrate. Avrei pensato anche a un prorettore per il patrimonio storico, artistico e culturale. A questo deve seguire una riforma dell’amministrazione. Ciò significa valorizzare il ruolo del personale, utilizzare nuove tecnologie e rendere più agevole il lavoro quotidiano della ricerca, della didattica e della terza missione. Occorre snellire le procedure amministrative, intervenire sulla manutenzione di spazi e attrezzature per la ricerca e creare opportunità di finanziamento per i giovani, così da sviluppare carriere accademiche che ora sembrano poco attrattive».
Parlando di giovani, quale crede sia il fattore che li spinge ad andare a studiare fuori regione?
«I problemi principali sono l’efficienza della didattica erogata e la qualità dei servizi. I tempi di percorrenza delle lauree triennali sono troppo lunghi, uno studente impiega mediamente quattro anni per concluderle e in alcuni casi più di cinque. È scoraggiato a investire tre-quattro anni per la magistrale e quindi va altrove. In più è necessario che gli studenti abbiano a disposizione servizi per studiare e svolgere le attività. Da noi mancano, ad esempio, le app per gestire l’uso delle sale studio. Senza queste azioni è difficile invertire la rotta».
Di questa sfida cosa la spaventa e cosa la motiva?
«La mia motivazione parte dal fatto che sono legato a questa Università. La ritengo casa mia: sono stato studente, tecnico, ricercatore, professore. Penso che l’Università come istituzione sia un patrimonio del Paese e vada preservata. Un luogo che va mantenuto libero e autonomo. Il mio è un desiderio spontaneo di migliorare le cose e dare il proprio contributo. È parte della mia vita. La paura? Non ne ho, ma sono consapevole della difficoltà della sfida. Piuttosto che temere i cambiamenti esterni, dobbiamo pensare a come fare bene noi e saremo capaci di attrezzarci per tutte le sfide. A far la differenza sono le idee e l’efficienza dei processi. Abbiamo tutte le premesse per essere, come siamo, una grande Università».
Cosa pensa del dover competere con un cognome importante come quello del professor Decaro?
«Conosco il collega, è molto simpatico. Il “problema” del cognome a mio parere, a parte le eventuali questioni di conflitto personale da risolvere in famiglia, non riguardano l’università. Può succedere che un domani un altro Rettore con un cognome diverso, per ragioni di necessità, assoggetti le istituzioni ad altri interessi. Io sono impegnato a fare in modo che l’Università funzioni e preservi la sua indipendenza».
Cosa della “gestione Bronzini” condivide e cosa avrebbe fatto diversamente?
«Il mio non è un giudizio completamente negativo, sono state fatte anche cose positive. Ogni tempo ha la sua sfida. Un aspetto da migliorare è quello organizzativo della governance. In merito alla proposta del consiglio di amministrazione di aumentare l’indennità del Rettore e del prorettore: se prendessimo metà di quella cifra e la distribuissimo potremmo sviluppare una governance molto più collegiale e presente nei processi quotidiani. Non è tutto da buttar via, anzi tutt’altro. I tempi cambiano e deve cambiare anche l’organizzazione della nostra Università. E dobbiamo essere più coscienti di quelli che sono gli obiettivi fondamentali».