«Mi sento al sicuro grazie allo Stato, ma voglio ringraziare i colleghi di Report che la scorta non ce l’hanno e continuano a lavorare senza arretrare di un centimetro». Così Sigfrido Ranucci, ieri nel foyer del Teatro Petruzzelli di Bari, durante la conferenza stampa di presentazione di «Diario di un trapezista», lo spettacolo tratto dal suo libro che debutterà il 3 maggio, nella «Giornata mondiale della libertà di stampa». Un monologo teatrale che diventa manifesto civile, nel quale il conduttore di Report riflette sulla verità, sull’equilibrio e sul coraggio di chi sceglie di restare «appeso al trapezio» della cronaca.
Al suo fianco il sindaco e presidente della Fondazione Petruzzelli, Vito Leccese.
La sfida in tribunale
Ranucci ha parlato senza retorica, con la stanchezza addosso di settimane difficili: «Venivo da un attentato sotto casa, sessanta ore senza dormire, ma siamo andati in onda lo stesso. È stata la trasmissione più vista della serata. La mia squadra è stata straordinaria». Poi, tornando sulle polemiche seguite al caso Sangiuliano, ha ribadito: «Quel discorso non era privato, era un’ingerenza in una vicenda che aveva un interesse pubblico enorme. Ricordo, a chi ci accusa di aver acquisito illecitamente quella telefonata, che il ministro aveva volutamente tenuto acceso il telefono mentre parlava con la moglie». Sul tema delle querele, la posizione resta ferma: «Non voglio che vengano ritirate. Voglio vincere in tribunale, non per mancanza di avversari. Chi querela un giornalista sapendo che le cose dette sono vere, deve pagare per aver fermato l’informazione e per aver fatto sprecare tempo alla giustizia».
Giornalisti nel mirino
Il discorso si è poi allargato ai confini più ampi della libertà di stampa. Ranucci ha ricordato i numeri che spesso restano fuori dai titoli: «Sei milioni di italiani non possono curarsi, mille persone l’anno muoiono sul lavoro, cinquantamila reati ambientali avvelenano il territorio». E ha rilanciato: «In guerra si uccidono i giornalisti per fermare l’informazione. In pace si usano i titoli di coda e le querele».
La trappola dell’algoritmo
Ma è sull’informazione digitale che il tono si fa più amaro. «L’algoritmo privilegia la cliccabilità, non la verità. E l’IA? «Per non deluderci ci riempie di cazzate», ha detto tra gli applausi. «Temo che con la pigrizia dell’intelligenza artificiale arrivi anche quella dell’intelligenza naturale». Nel suo «Diario di un trapezista», la metafora del giornalista equilibrista diventa chiave di lettura di un mestiere sempre più fragile: «Nel momento in cui pensi di essere diventato l’obiettivo di qualcuno, passa al trapezio successivo: è il modo migliore per restare libero». Un invito, più che una lezione, a resistere in bilico, difendendo la verità nonostante tutto. In chiusura, il sindaco Leccese, consegnandogli una statuetta di San Nicola, ha assicurato: «Anche la città di Bari, da oggi, sarà la tua scorta».