La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi proposti da Comune di Bari, Regione Puglia e Ministero della Cultura contro la richieste di risarcimento delle società Sudfondi e Mabar a seguito della demolizione del complesso di Punta Perotti, decretando che alle stesse non spetta nessun ulteriore indennizzo oltre a quelli già decisi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
La Cassazione ha così scritto la parola “fine” sulla controversia economica.
«Si tratta di un filone lunghissimo di contenziosi che mettevano a rischio la stabilità stessa del bilancio comunale. Per questo le decisioni della Cassazione sono particolarmente importanti per il Comune di Bari», commenta il sindaco del capoluogo pugliese Vito Leccese, ricordando che «tante cose sono successe nel frattempo e, grazie al Piano paesaggistico regionale e al progetto di rigenerazione urbana di Costa Sud, i baresi ora sono proiettati in una prospettiva di valorizzazione naturalistica e paesaggistica sia delle aree già occupate dalle lottizzazioni abusive sia di tutto il litorale sud».
La decisione della Cassazione arriva «a seguito dell’impugnazione della decisione della Corte di Appello di Bari, che aveva attribuito un risarcimento di circa 10 milioni di euro in favore della società Sudfondi e di circa 2 milioni in favore della Mabar. In Cassazione – sottolinea Leccese – le medesime società avevano richiesto un risarcimento aggiuntivo estremamente rilevante: circa 400 milioni per la Sudfondi e circa 30 milioni per la Mabar. Entrambe le società avevano in passato già ottenuto dalla Cedu un consistente risarcimento (40 milioni la Sudfondi e 9 milioni la Mabar) poiché la confisca irrogata dalla Cassazione penale era stata ritenuta illegittima dalla Cedu e in contrasto con i principi dello Statuto europeo».
Le due società, prosegue il primo cittadino, «avevano tuttavia richiesto ai giudici italiani un risarcimento ulteriore, in parte riconosciuto dalla Corte di Appello, affermando che la Cedu aveva sì concesso il risarcimento per i danni causati dalla confisca, ma che questo non copriva gli ulteriori danni causati dal Comune, dal Ministero e dalla Regione per aver rilasciato un permesso poi ritenuto illegittimo. La Cassazione ha invece affermato che la sentenza della Cedu sul risarcimento ha carattere definitivo e assorbente di tutte le pretese esaminate, per cui il giudice italiano non può riconoscere ulteriori risarcimenti per gli stessi fatti esaminati e valutati già dalla Cedu, che a sua volta aveva già riconosciuto una parte dei danni e respinto tutte le altre domande, mettendo così nelle condizioni il giudice italiano di non poter riconoscere alcun danno ulteriore per la stessa vicenda».
In un giudizio diverso tra Comune e Stato italiano, il Tribunale di Bari qualche mese fa ha affermato che il risarcimento definito dalla Cedu grava direttamente sullo Stato e non sul Comune.