Nonostante un’inflazione apparentemente stabile, la vita per le famiglie pugliesi continua a diventare più cara. I dati definitivi diffusi dall’Istat relativi al mese di aprile parlano di un tasso annuo fermo al +1,9%, lo stesso di marzo. Ma dietro la stabilità percentuale si nasconde una realtà diversa: aumentano proprio i prezzi dei beni essenziali, quelli che pesano di più sui bilanci quotidiani.
La situazione locale
In Puglia, come in gran parte del Mezzogiorno, i rincari colpiscono duramente il carrello della spesa, con aumenti che vanno dal +2,6% al +3,2% su base annua. A lanciare l’allarme è l’Unione nazionale consumatori, che parla senza mezzi termini di una «stangata» per milioni di famiglie. Nello specifico, una coppia con due figli spende oggi oltre 300 euro in più all’anno solo per alimenti, bevande e beni di prima necessità. Una cifra che, in territori dove i salari restano tra i più bassi d’Italia, diventa difficilmente sostenibile. A pesare sulle tasche dei pugliesi non sono solo gli alimentari. I dati di aprile parlano chiaro: i rincari più forti si registrano anche nei settori legati alle vacanze, un comparto vitale per una regione a forte vocazione turistica come la Puglia. I voli europei sono aumentati del 30% in un solo mese, quelli intercontinentali del 25%, mentre i voli nazionali costano il 26% in più rispetto a marzo. Anche alberghi e motel hanno segnato un balzo: +12% in un solo mese.
Le vacanze
La conferma arriva anche dall’analisi delle spese durante la Pasqua e i ponti primaverili. In Puglia, mete tradizionalmente molto frequentate come il Gargano, la Valle d’Itria e il Salento hanno visto impennate dei prezzi non giustificate da reali aumenti dei costi, ma piuttosto da fenomeni speculativi. «Una stangata mascherata da festività», denunciano le associazioni dei consumatori locali. La vera emergenza, però, non è solo quanto aumentano i prezzi, ma dove. Se al Nord la stangata si fa sentire in termini assoluti, con Bolzano che guida la classifica con +796 euro annui per famiglia, al Sud l’impatto è più subdolo. I rincari sono proporzionalmente più devastanti perché colpiscono territori dove i redditi medi sono più bassi e il potere d’acquisto già fragile. In Puglia, Calabria e Basilicata, anche un aumento modesto può destabilizzare l’economia di un’intera famiglia. E mentre città del Nord entrano nelle prime dieci per aumenti complessivi, il Mezzogiorno rischia di essere escluso dalle classifiche, ma non dai problemi. «Non possiamo considerare positivi i dati sull’inflazione solo perché il tasso resta stabile – spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori – bisogna guardare alla composizione. Se aumentano i beni primari e obbligati, il danno è enorme. Per molte famiglie significa rinunciare a qualcosa di essenziale, o indebitarsi». Il riferimento, nemmeno troppo velato, è al Sud, dove il margine di resistenza economica è sempre più stretto.