Eugenio Palermiti Jr. resta in carcere. Negli ultimi mesi il ragazzo avrebbe mostrato un atteggiamento «superficiale e arrogante, mai contrito per la tragedia che è conseguita al suo comportamento». Il 21enne, nipote dell’omonimo boss del quartiere Japigia di Bari, è stato arrestato lo scorso gennaio per detenzione e porto d’arma (reato aggravato dal metodo mafioso) dopo la serata nella discoteca Bahia di Molfetta in cui, il 22 settembre 2024, fu uccisa la 19enne Antonella Lopez.
A sparare alla vittima fu un altro giovane, Michele Lavopa, arrestato poche ore dopo il fatto, ma le indagini della Dda di Bari avrebbero dimostrato come, quella sera, anche Palermiti fosse armato. Il suo difensore, l’avvocato Nicola Quaranta, aveva chiesto per lui la sostituzione della detenzione in carcere con i domiciliari, con braccialetto elettronico, da scontare in una casa di Termoli (Campobasso) insieme alla fidanzata del ragazzo.
Palermiti, sostiene il suo legale, avrebbe iniziato un percorso di «graduale ripensamento della propria vita anteatta», in virtù del quale ha ammesso le sue responsabilità per il possesso dell’arma. Per la gip Susanna De Felice, invece, il «percorso di revisione critica non emerge dagli esiti delle indagini», dalle quali invece risulta un atteggiamento «teso a narrare ad amici e congiunti l’accaduto».
A incastrare Palermiti, infatti, ci sono anche delle intercettazioni captate in ospedale (nella sparatoria in cui morì Lopez, lui rimase ferito) in cui il giovane, parlando con alcuni amici, mima il gesto di puntare l’arma verso l’avversario. Anche il fatto di scontare i domiciliari fuori regione, per la giudice, non garantirebbe «un effettivo allontanamento dall’habitat familiare del Palermiti».