È stato convalidato il fermo del 42enne barese Antonio Rizzi, accusato dell’omicidio di Francesco Dogna, 64 anni, avvenuto il 7 gennaio scorso.
Nei confronti di Rizzi la gip del tribunale di Bari, Antonella Cafagna, ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Dogna venne ucciso nella sua abitazione, a Santo Spirito, con 85 coltellate. Contestata l’aggravante della crudeltà. Il fermo era stato eseguito dai carabinieri.
La confessione di Antonio Rizzi
L’indagato, interrogato dal pm, ha confessato e ha confermato il tutto davanti alla gip in sede di convalida.
Rizzi, si legge nell’ordinanza, ha spiegato di aver conosciuto Dogna sul luogo di lavoro, essendo stato addetto alle pulizie degli uffici della Regione Puglia, dove Dogna prestava la propria attività e ha detto di aver agito d’impeto, dopo aver chiesto della droga. Ha detto di aver usato un coltello, lo stesso che Dogna aveva preso per mandarlo via, e poi di aver usato un forcone da cucina.
Quanto al pericolo di fuga, la gip ha evidenziato che nei giorni successivi al delitto, parlando al telefono con alcune persone aveva detto chiaramente di volersi trasferire dalla città di Bari, anche fuori dall’Italia dopo aver rinnovato il passaporto, dietro l’apparente bisogno di lavorare per mantenere i propri figli.
Il movente, però, resta da approfondire anche per far luce sull’esistenza di una programmazione dello stesso perché, si legge nell’ordinanza, non appare credibile la tesi sostenuta dall’indagato secondo cui il rapporto con la vittima fosse fondato esclusivamente sulla comune abitudine al consumo di stupefacenti e che la loro frequentazione fosse del tutto occasionale.
«Volontà di deturpare l’aspetto fisico della vittima»
«La scelta di colpire la vittima ripetutamente al capo», scrive la gip nell’ordinanza, sarebbe «evocativa del proposito di deturparne anche l’aspetto estetico, il numero esorbitante delle coltellate inferte e dei colpi di forcone, l’uso di mezzi lesivi concorrenti e la maggiore quota di violenza nel mettere a segno alcuni colpi» fondano «il convincimento che l’azione aggressiva da parte dell’autore» dell’omicidio «non sia stata frutto di impeto o comunque di una determinazione istintiva».