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Neonato trovato morto nella culla termica a Bari, chiesto il processo per il parroco e il tecnico

Rischiano il processo don Antonio Ruccia e Vincenzo Nanocchio, il primo parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Bari e il secondo tecnico elettricista, accusati di omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di un neonato di pochi giorni, trovato privo di vita nella culla termica esterna alla parrocchia il 2 gennaio scorso. La richiesta…
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Rischiano il processo don Antonio Ruccia e Vincenzo Nanocchio, il primo parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Bari e il secondo tecnico elettricista, accusati di omicidio colposo nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di un neonato di pochi giorni, trovato privo di vita nella culla termica esterna alla parrocchia il 2 gennaio scorso.

La richiesta di rinvio a giudizio è arrivata dal procuratore aggiunto di Bari, Ciro Angelillis, e dalla pm Angela Morea, che hanno coordinato le indagini condotte dalla squadra mobile del capoluogo pugliese. L’udienza preliminare si terrà il prossimo 23 ottobre davanti alla gup Ilaria Casu. Secondo quanto si legge dal capo di imputazione, la morte del piccolo (di 7-14 giorni, poi chiamato “Angelo” dal sindaco di Bari, Vito Leccese) sarebbe avvenuta per ipotermia, e il locale adibito a culla termica in cui era stato lasciato sarebbe stato, per la Procura, privo dei requisiti di sicurezza necessari per garantire la sopravvivenza del neonato.

Il sistema, che avrebbe dovuto far partire una chiamata al cellulare del parroco e attivare il sistema di riscaldamento della culla una volta rilevato il peso del bimbo, non funzionò. Il neonato fu trovato dal titolare di un’impresa funebre che, la mattina del 2 gennaio, si trovava in chiesa per un funerale.

Secondo la Procura di Bari il tappetino posto sotto il materasso, collegato a una scheda elettronica per far partire la chiamata di allerta, non avrebbe rilevato il peso di 2,8 chili del neonato. Quel tipo di tappetino, si legge nel capo di imputazione, svolge prevalentemente una funzione di antifurto «quando viene calpestato dai piedi che concentrano il peso di una persona», e quindi non sarebbe stato idoneo a rilevare il peso del neonato, peraltro non avrebbe dato «l’impulso alla scheda elettronica e al combinatore telefonico», perchè era in corto circuito. Per questo non sarebbe partita la telefonata al cellulare del parroco. Infine, il sistema di condizionamento dell’aria, giudicato «comunque inadeguato» perché «in assenza di movimenti (…) si spegne dopo 9 minuti», avrebbe erogato aria fredda e non calda a causa di una perdita del compressore, che lo rendeva privo di gas.

Ruccia e Nanocchio, per i pm, avrebbero poi omesso di dotare il sistema di sicurezza di accorgimenti che ne assicurassero il funzionamento anche in caso di guasto, e non avrebbero moltiplicato i sensori e gli interruttori «per garantire il funzionamento di almeno uno di essi». Avrebbero inoltre dovuto far sì che il condizionatore, una volta acceso, non si spegnesse automaticamente e non avrebbero poi predisposto un «tasto a fungo» da schiacciare, una volta posato il neonato, per far partire la chiamata. Ruccia, infine, nel poster affisso all’esterno della culla, indicando il «collegamento diretto tra l’allarme generato della culla e il locale Policlinico» e la circostanza che la culla fosse «termica», avrebbe determinato «un affidamento ingannevole circa il certo funzionamento del sistema collegato alla culla» e «la prospettiva di sopravvivenza certa dell’infante».

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