Accordi, favori elettorali, appalti pilotati, finanziamenti pubblici che sarebbero stati dirottati nelle mani di imprenditori amici. Il sistema messo in piedi negli ultimi anni dal sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, che la Procura di Trani vuole mandare agli arresti domiciliari, non risparmiava molti settori della vita amministrativa della cittadina del Nord barese. Con Minervini, altre 7 persone, tra le quali un finanziere e un imprenditore, che venerdì 2 maggio compariranno dinanzi alla gip Marina Chiddo per sottoporsi ad interrogatorio preventivo, al termine del quale si deciderà sull’istanza della Procura.
L’inchiesta
Il fascicolo finito all’attenzione della gip (e di conseguenza agli stessi indagati) è in realtà una costola della prima inchiesta, partita dal sequestro del cantiere dell’area mercatale nel luglio 2022 (quando 11 persone furono iscritte nel registro degli indagati), ma assume rilievi ben più ampi, spingendosi anche fuori regioni. Oltre a Minervini (assistito dall’avvocato Mario Malcangi), gli altri indagati sono Alessandro Binetti (dirigente del settore territorio del Comune di Molfetta e rup per i lavori del nuovo porto commerciale), Lidia De Leonardis (dirigente dei servizi sociali del Comune di Molfetta), Tommaso Messina (autista e cugino del sindaco), Mario Morea (funzionario del Comune e rendicontatore dei fondi ministeriali ricevuti per le opere di realizzazione della nuova area mercatale), Michele Pizzo (luogotenente della Guardia di finanza in servizio a Molfetta), Domenico Satalino (dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Molfetta dal 1 dicembre 2021), e l’imprenditore Vito Leonardo Totorizzo (rappresentante legale della società Spamat srl). Le ipotesi di reato sono corruzione per atto cotnrario ai doveri di ufficio, turbativa d’asta, peculato e falso.
Gli appalti
Oltre quello per la realizzazione dell’area mercatale, già oggetto della prima indagine, nel nuovo filone ce ne sono altri due, uno dei quali, il più rilevante, è quello per la realizzazione del nuovo porto commerciale, finanziato per metà dal ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibile, con fondi a valere sul Piano di Azione e coesione 2014-2020. L’altro è per la gestione del servizio “sportello di orientamento al lavoro Porta Futuro, cofinanziato dalla Regione per un importo totale di 800mila euro.
Risale infatti al luglio 2020 il primo atto dell’amministrazione comunale, quando la Giunta approvò il progetto di fattibilità tecnico-economica per “dragaggi di accesso al canale portuale, banchina sud est, banchina sud ovest” per 12 milioni di euro. Il 10 gennaio 2022 il progetto fu ammesso a finanziamento parziale, per 5 milioni e mezzo, ma il Comune di Molfetta manifestò l’intenzione di finanziare la restante parte (6 milioni e mezzo) con project financing. Il 12 aprile 2022, un atto dirigenziale firmato da Alessandro Binetti stabilisce che la scelta dell’azienda sarebbe avvenuta con “procedura di evidenza pubblica di partenariato pubblico privato”. E qui iniziano le prime anomalie.
I beneficiari
Come emerge dalle indagini dei finanzieri di Molfetta, in realtà sarebbe già stato individuato il “beneficiario”, e cioè l’imprenditore 80enne Vito Leonardo Totorizzo, che alla data della determina non solo sapeva già di essere il prescelto ma aveva anche già reperito il cofinanziatore privato dell’opera, l’armatore sorrentino della Msc, Gianluigi Aponte. Tra Minervini e Totorizzo, registrano i finanzieri con accertamenti documentali e intercettazioni (telefoniche e ambientali), i rapporti sono datati e particolarmente stretti, al punto tale da organizzarsi anche per un posto ad un uomo di fiducia nell’Autorità Portuale. Totorizzo risulta essere un importante sostenitore di Minervini sin dalla tornata elettorale del 2022, quando a seguito di ballottaggio fu eletto sindaco. E lo fece, sia tramite la candidatura di suo figlio Giuseppe al consiglio comunale con la lista “Insieme per la città” collegata a quella del sindaco, sia attivandosi in prima persona anche sui social per reperire voti.
L’appalto su misura
Dagli atti emerge come Minervini si sarebbe attivato con funzionari e tecnici per redigere un bando su misura per Totorizzo, confezionandolo in modo da non farlo in alcun modo invalidare, affidando l’incarico di esperti esterni in supporto al rup, a un noto avvocato romano (per tre anni, con un importo di 103.680 euro) e ad un ingegnere di Altamura per 146.200 euro. Ma non solo: dagli atti emergerebbe il piegarsi del sindaco alle richieste dell’armatore Aponte, pronto a sobbarcarsi l’intero finanziamento privato per la realizzazione della banchina, in cambio della concessione per 50 anni: «Allora, il signor Aponte vorrebbe farsela lui quella banchina – dice Totorizzo a Minervini – Chiede la concessione per 50 anni e se la fa tutta lui». Gli risponde Minervini: «Non deve fare altro che partecipare al progetto».