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Modugno, estorsione mafiosa a un imprenditore edile: arrestate 5 persone vicine al clan Capriati – VIDEO

Avrebbero chiesto a un imprenditore, titolare di una ditta edile di Modugno, centomila euro perché continuasse a operare. Cinque persone, ritenute vicine al clan Capriati di Bari, sono state arrestate dagli agenti della polizia di Stato con l’accusa di tentata estorsione con metodo mafioso.

Le indagini – che hanno portato all’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte del gip del tribunale di Bari su richiesta della locale Dda – sono partite a seguito della denuncia da parte dello stesso imprenditore. A supporto fondamentali sono state le dichiarazioni dei dipendenti dell’azienda che, oltre a ripercorrere puntualmente i vari episodi, sono stati in grado di descrivere e riconoscere gli autori delle richieste estorsive.

Gli agenti della squadra mobile della Questura di Bari si sono avvalsi, poi, delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza che hanno consentito una ricostruzione dettagliata degli eventi.

Diversi gli episodi accertati a partire dai primi giorni dell’agosto 2024 e fino al gennaio scorso quando gli indagati, per dimostrare la serietà delle loro minacce, avrebbero fatto irruzione nel cantiere schiaffeggiato uno dei collaboratori della vittima, cospargendo di benzina un escavatore, minacciando di incendiarlo e riferendo che sarebbero tornati il giorno successivo con del potente esplosivo, se l’imprenditore non avesse pagato.

«Abbiamo amici in galera per omicidio, dobbiamo pagare gli avvocati»

«Finora vi ho fatto lavorare, ma adesso basta, dovete pagare. Noi abbiamo gli amici in galera, persone che hanno commesso omicidi, dobbiamo pagare gli avvocati». Con queste parole, uno dei 5 arrestati nell’inchiesta della Dda di Bari, per tentata estorsione mafiosa ai danni di un imprenditore, si sarebbe rivolto, lo scorso 8 gennaio, al figlio del titolare della ditta.

È quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip del tribunale di Bari, Alfredo Ferraro.

Tre degli indagati sarebbero tornati nel cantiere per reiterare la richiesta estorsiva con «la minaccia di far saltare in aria» la zona «con il tritolo» se non fosse stata soddisfatta. Uno degli indagati, «salito su un escavatore impiegato nei lavori, minacciava di bruciarlo con la benzina».

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