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Modello gambiano rinchiuso nel CPR di Bari torna libero: «Ma la sua odissea continua»

«Ebrima Nyass, il ventenne gambiano finito nel Cpr di Bari nonostante la sua nuova vita di modello di moda nel nostro Paese, è libero ed è uscito dalla struttura ieri pomeriggio». Ad annunciarlo è la deputata di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) Elisabetta Piccolotti, che aveva appreso la vicenda durante un'ispezione nel Centro per il…
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«Ebrima Nyass, il ventenne gambiano finito nel Cpr di Bari nonostante la sua nuova vita di modello di moda nel nostro Paese, è libero ed è uscito dalla struttura ieri pomeriggio». Ad annunciarlo è la deputata di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) Elisabetta Piccolotti, che aveva appreso la vicenda durante un’ispezione nel Centro per il rimpatrio (CPR) di Bari.

Piccolotti aveva precedentemente reso pubblica la storia di Nyass, un giovane partito a piedi dal Gambia all’età di 15 anni, dopo diverse difficoltà familiari, e giunto in Italia ancora minorenne. Nel tempo, era riuscito a integrarsi, intraprendendo una carriera come modello e posando per importanti case di moda. Tuttavia, a causa di una serie di intoppi burocratici, tra appuntamenti per il rinnovo del permesso di soggiorno saltati e timbri mancanti, era finito nel CPR di Bari, dove si trovava «detenuto dal 19 febbraio, in attesa di essere rimpatriato in Gambia».

«La sua odissea – ha dichiarato oggi l’esponente di Avs – non è finita e ci vorrà ancora tempo e fatica per ottenere tutti i documenti che gli servono per vivere e lavorare in Italia, ma intanto abbiamo evitato che venisse deportato in Gambia, un Paese che ha lasciato tanti anni fa, partendo a piedi da solo quando era ancora un adolescente».

Piccolotti ha poi espresso una critica più ampia al sistema di gestione dell’immigrazione in Italia: «Ogni storia è particolare, ogni storia meriterebbe di essere ascoltata, invece in Italia esiste da molti anni un sistema per la gestione dell’immigrazione sordo, cieco e violento. Chissà quante storie come quella di Ebrima si nascondono dentro quei buchi neri del diritto che si chiamano centri per il rimpatrio, progetti di vita che falliscono e persone che si ritrovano imbottite di psicofarmaci e rinchiusi dietro una porta blindata».

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