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Malattia renale nei pazienti con diabete, a Bari un “summit” con esperti da tutto il mondo

Circa 150 esperti, provenienti da tutta Europa, dagli Stati Uniti e dall’Australia, hanno partecipato al summit internazionale sulle nuove frontiere della medicina personalizzata per i pazienti con diabete di tipo 2 e con malattia renale cronica (Ckd) che si è svolto a Bari venerdì e sabato scorsi.

Are we ready for Personalized/Precision Medicine in CKD in Diabetes?“, il titolo del congresso patrocinato dalla Società italiana di Nefrologia (Sin) e dalla Società italiana di Diabetologia (Sid).

Durante le due giornate di lavori, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di assistere a interventi di alto valore scientifico, con un focus su nuove tecniche diagnostiche, biomarcatori innovativi, studi genetici e terapie all’avanguardia.

Particolare attenzione è stata dedicata alle evidenze più recenti sui farmaci in grado di rallentare la progressione della Ckd nei pazienti diabetici.

Il professor Francesco Giorgino, direttore dell’unità operativa di endocrinologia al Policlinico di Bari e co-presidente dell’evento, ha sottolineato l’importanza di un approccio multidisciplinare: «La malattia renale cronica nelle persone con diabete rappresenta un quadro assai rilevante, e può essere affrontata al meglio considerando i rapporti con le alterazioni metaboliche e altri quadri di danno d’organo come la malattia cardiovascolare e lo scompenso cardiaco».

In un simile contesto, ha aggiunto il professor Loreto Gesualdo, direttore dell’unità operativa di nefrologia del Policlinico di Bari, «la medicina personalizzata ci offre strumenti innovativi per riconoscere precocemente» la malattia renale cronica nei pazienti con diabete «e intervenire in modo più efficace. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita dei pazienti e prevenire l’aggravarsi della malattia», ha concluso.

«La combinazione di dati genetici, imaging avanzato e biomarcatori sta rivoluzionando il modo in cui affrontiamo la Ckd nel diabete. Per la prima volta abbiamo strumenti che ci permettono di individuare i pazienti a rischio con grande precisione e personalizzare le terapie», ha affermato la professoressa Paola Fioretto, co-presidente del congresso che si è svolto a Bari.

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